giovedì 7 marzo 2013

Il gioco è meditazione gioiosa



La più semplice e incisiva definizione di meditazione, è questa: riuscire a vedere le cose così come sono. La meditazione non è una tecnica. È una condizione esistenziale. Le diverse, infinite tecniche possono aiutare a sviluppare un atteggiamento meditativo nella vita quotidiana.
Lo scopo?
Vedere sé stessi in relazione al mondo, nel nostro percorso di crescita e di pacificazione, per quello che siamo, al di là di paure, proiezioni e condizionamenti (consci e inconsci). La meditazione è un salto nell'inconscio  che riemerge e si rivela alla nostra consapevolezza. Perché ciò accada, è necessario imparare (di nuovo) a giocare, a celebrare l’esistenza in modo gioioso. Sviluppare curiosità, coraggio e stupore verso l’esistenza, in ogni sua forma. Ecco come Osho spiega questo processo:
La parte che avete rinnegato, l’inconscio, può divenire attiva e creativa soltanto se arricchite la vostra vita di una nuova dimensione: la dimensione del festoso, del gioco. La meditazione, di conseguenza, non deve essere un lavoro, ma un gioco. Pregare non è un affare serio, ma un gioco. Meditare non è un’attività finalizzata all’ottenimento di uno scopo (pace, felicità…) ma qualcosa di cui si deve gioire come fine a se steso.
La dimensione gioiosa è la cosa più importante da cogliere…e l’abbiamo persa totalmente. Per festoso, gioioso, intendo la capacità di gioire, momento per momento, di tutto quello che vi tocca.
Siamo ormai così condizionati e le nostre abitudini sono divenute così meccaniche che la nostra mente è orientata al raggiungimento di un utile anche quando non c’è alcun utile da raggiungere. Non c’è bisogno di restringere il campo mentale, eppure lo si fa. Perfino quando giocate, non state giocando. Non ne traete piacere. Giocate a carte, per esempio, ma non ne traete godimento; giocate per la vittoria e il gioco diventa allora un lavoro. Quanto sta accadendo non è importante, quello che conta per voi è soltanto il risultato.
In una prospettiva economica è il risultato a essere importante. In una celebrazione festosa quello che conta è invece l’atto. Se siete capace di rendere ogni azione significante di per sé, essa diventa un rito e ne traete gioia.
In simili occasioni i limiti, le delimitazioni restrittive, sono infranti. Non ce n’è bisogno e li si getta. Smettete la vostra camicia di forza,  la forza costrittiva della concentrazione. Ora non state più scegliendo; accettate tutto quello che viene. E nel momento in cui accogliete in voi la totalità dell’esistente, divenite uno con esso. È una comunione.
È questa comunione che chiamo meditazione: questa celebrazione,  questa consapevolezza non selettiva, questo atteggiamento di assoluta gratuità. La festività è nel momento, nell’atto – non nella preoccupazione per i risultati, né nel loro raggiungimento. Non c’è nulla da raggiungere: si può gioire di quanto è qui e adesso.

Ogni istante può essere “economico” e ogni istante può essere meditativo. La differenza sta nell’atteggiamento. Se avete trasceso ogni scelta, se lo vivete come un gioco, allora è meditativo.

Osho, Meditazione dinamica, ed. Mediterranee.

Nessun commento:

Tutti i testi di questo blog sono (c) di Guglielmo Nigro, salvo dove diversamente indicato. Puoi diffonderli a tuo piacere ma ti chiedo di indicare sempre la fonte e/o l'autore.