venerdì 21 dicembre 2012

Educazione scolastica - Uscire dal meccanismo premio/punizioni




Musicoterapia a scuola
Collaboro da alcuni anni con alcune scuole primarie della provincia di Milano e della Brianza per le quali realizzo cicli di incontri di introduzione alla musica. Si tratta di laboratori che hanno lo scopo principale di dare ai bambini l’opportunità di fare esperienze dirette con il suono, nella dimensione del gruppo classe, esperienze emotivamente significative.  A titolo di premessa credo sia utile ricordare che, in ambito musicoterapeutico, da un punto di vista teorico, le relazioni primarie dei bambini si sviluppano a partire da strutture e modalità tipicamente musicali, e che l’apprendimento della comunicazione vocale nasce in primo luogo nelle comunicazioni non verbali, paraverbali e pre-verbali all’interno delle relazioni di cura primarie (famiglia, scuola) che incontrano i bambini. La musica, inoltre, è gioco, scoperta (di sé e dell’altro), movimento, apprendimento, relazione e vitalità. Le proposte di musicoterapia durante l’infanzia favoriscono la possibilità di sviluppare competenze e capacità che vanno oltre il suono. Nel momento in cui i bambini, all’interno del gruppo, si impegnano a realizzare semplici dialoghi sonori con le percussioni e la voce, imparano a riconoscere l’altro, a comprendere il valore del contributo di ognuno, a rispettare regole e contesti specifici e condivisi e a incontrare i suoni e la musica al di là di quello che ascoltano abitualmente.
In caso di limiti nell’espressività verbale (per ragioni organiche o emotive), le vibrazioni dei suoni, in “relazioni musicali” strutturate, possono stimolare l’emissione vocale, poiché lavorano su competenze innate nei bambini che si sono “nutriti” di suoni (di vibrazioni) già nel mondo intrauterino, prima della nascita. Inoltre, a difficoltà di comunicazione verbale sono spesso associati disturbi emotivo-relazionali propri dei bambini e del loro contesto familiare. Esperienze di gioco sonoro attraverso strumenti musicali (anche semplici, costruiti “in casa”), piccoli rituali vocali, ecc. possono stimolare un nuovo e più efficace modo di comunicare, coinvolgente sul piano emotivo e sorprendente sul piano relazionale.  

Educare alla consapevolezza
Ciò detto, ritengo utile chiarire un punto che, nella mia esperienza educativa (di padre e di musicoterapeuta), sta diventando sempre più centrale e urgente: i bambini hanno bisogno di essere nutriti da un approccio educativo diverso, che valorizzi la loro nascente capacità di autoregolazione, riducendo il più possibile l’impostazione basata sul meccanismo del premio/punizione.
Nei laboratori, quindi, dedico sempre molto tempo e attenzione alla verifica della capacità da parte dei bambini di interiorizzare realmente regole e comportamenti adeguati al contesto, attraverso un processo di comprensione e condivisione, piuttosto che sostenere un superficiale adeguamento a un modello di comportamento imposto e non integrato. Per chi come me si accosta al mondo dell’infanzia con delicatezza e grande curiosità, è piuttosto spaventoso scoprire quanta fame di libertà e di accettazione incondizionata sia presente già in bambini di 6 o 7 anni. Inibizione, paura, frustrazione e senso di inadeguatezza sono sentimenti già sviluppati e condizionanti. In età in cui il bambino si approccia al mondo secondo strategie e capacità per lo più emotive, l’educatore spesso impone una relazione basata soprattutto sulla componente cognitiva e sulla violenza dell’imposizione di modelli di comportamento precostituiti.
I numerosi risultati immediati che la modalità premio/punizioni porta, induce molti educatori e insegnanti professionisti a non verificare o riconoscere le ricadute negative sul piano emotive e relazionale nel medio termine: stress emotivo, senso di inadeguatezza, finzione, competizione, incomprensione, cortocircuito evolutivo. Un segnale della difficoltà degli educatori di includere nella propria coscienza la possibilità di un approccio diverso dal premio/punizioni emerge quando questi confondono tale possibilità con la totale assenza di regole o condizioni che permettono la vita sociale nel gruppo classe. Al contrario, la condivisione di tali regole e condizioni è un passaggio cruciale per un approccio diverso al rapporto educativo, ma richiede più tempo, più creatività e nuove strategie che vedano le difficoltà e le insofferenze dei bambini non come ostacoli o “nemici”, quanto come opportunità e sfide per una diversa integrazione.
 E invece accade che la scuola, da grande risorsa sociale e culturale, si trasforma nel luogo di maggiore accumulo di tensioni e preoccupazione emotiva dei bambini, spesso amplificato dalle proiezioni genitoriali.
I laboratori di musica, nella diversa prospettiva che mi prefiggo, sono invece luoghi dell’immaginazione e del fare (sperimentare, esperire, conoscere, imparare, ecc.) dove ci si mette in gioco attraverso un diverso rapporto con sé stessi, con le regole e le condizioni che permettono la realizzazione di un’attività nella dimensione del gruppo classe, con la propria espressività e l’autenticità della propria voce.
I comportamenti normalmente considerati di disturbo non sono soffocati sul nascere attraverso la minaccia o il ricatto. Sono fatti emergere e osservati, nelle loro implicazioni e fatiche. In alcuni casi, quegli stessi comportamenti diventano musica, stimolo per improvvisazioni collettive o esperienze sonore improvvise e impreviste. Il gruppo classe che vede più volte o costantemente interrotto il lavoro per effetto di comportamenti inadeguati al contesto da parte di alcuni membri, è stimolato a osservare e comprendere. I bambini tutti sono responsabilizzati e orientati alla comprensione. Senza violenza, imposizioni o minacce, ma con coerenza, determinazione e chiarezza. Sul piano della relazione, allo specialista viene richiesta una grande flessibilità che deriva in parte dall’esperienza e in parte dalla consapevolezza delle proprie emozioni, delle proprie aspettative. Si passa spesso dal rapporto uno a gruppo al rapporto uno a uno, a seconda delle finalità, sapendo di poter contare nel tempo sullo sviluppo delle capacità autentiche di ascolto dei bambini e sul senso di responsabilità crescente. Un grande aiuto deriva dal piacere del suono (che nasconde d’altra parte un serio impegno e una grande concentrazione). Fare musica è fonte di grande gioia. Ma il caos sonoro derivante dall’incapacità di ascoltare o di rispettare gli altri provoca grande insofferenza e nervosismo negli stessi bambini.
Il laboratorio musicale diventa quindi un luogo di accoglienza, di condivisione autentica, di silenzi e attese, pur nella consapevolezza che, nella prospettiva del conduttore, il non fare equivale al fare, sul piano esperienziale.

L’alleanza con gli insegnanti
L’efficacia di una simile proposta deve necessariamente passare da una chiara condivisione con gli insegnanti. Tale aspetto non è banale né facile. L’esperienza mi conferma che purtroppo il modello premio/punizioni è ancora il più diffuso nella scuola primaria. In questa prospettiva, il laboratorio musicale che tanto piace ai bambini rischia di diventare esso stesso uno strumento di ricatto in mano agli insegnanti. Nel corso dei primi laboratori che ho realizzato, ho avuto più volte la brutta sorpresa di scoprire che i bambini più “cattivi” erano anche quelli che più spesso “saltavano” gli incontri di musica per rimanere in classe a “studiare”. Non è superfluo ricordare in un passaggio che questi laboratori espressivi, secondo un modello educativo basato sulla consapevolezza e l’accoglienza, sono una risorsa importantissima proprio per i bambini che più hanno difficoltà di integrazione scolastica.
Oggi, in fase di preparazione del laboratorio, esplicito quindi il modello di riferimento e definisco con gli insegnanti quali modalità ritengo non essere adeguate a tale impostazione. Concordo anche l’opportunità che gli insegnanti siano presenti durante il laboratorio, in alcuni casi anche attraverso una partecipazione attiva. Definisco tuttavia in modo deciso che la conduzione dell’incontro, sul piano degli interventi di richiamo e della gestione dell’ordine, spetta esclusivamente al sottoscritto, alfine di evitare interruzioni non funzionali al lavoro in corso, secondo la diversa prospettiva. Per gli insegnanti si tratta di una sfida nella sfida che, sorridendo, definisco come un’opportunità per tutti loro di “riposare” e, soprattutto, di osservare i bambini e le dinamiche del gruppo classe da una prospettiva differente. La speranza, in definitiva, è che gli insegnanti stessi, posti di fronte alla ricchezza di tale approccio, possano a loro volta far propri alcuni presupposti di questa modalità di gestione delle attività di classe, pur nelle diverse prospettive e obiettivi che le loro attività presentano. Sono fortemente convinto che gli insegnanti stessi siano stanchi ed esasperati da un approccio educativo violento, sterile e che costruisce relazioni non autentiche e salutari. È su questo piano che può avvenire quindi la convergenza tra il bisogno dei bambini e il bisogno degli educatori e insegnanti.

Per approfondimenti
Consiglio due testi utili ad approfondire la tematica:
Educare alla vita, di Krishnamurti, ed. Mondadori
Semi di felicità, di Thich Nhat Hanh, ed. Terra Nuova editore

Segnalo anche una serie di spunti sul tema presenti nel mio blog personale:
La scuola degli animali, da Osho, I libri del fiore d’oro (ed. Bompiani)
Il potere disciplinare e la scuola, da Michel Foucault, Il potere psichiatrico (ed. Feltrinelli)
Educare alla vita, da Krishnamurti, Educare alla vita (ed. Mondadori)

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