venerdì 7 agosto 2009

Massaggio sonoro in gravidanza


Ologramma e nascita
L’approccio olistico alla cura e al benessere psico-fisico si è caratterizzato nel tempo per alcune metafore molto efficaci. Una delle più recenti è quella dell’ologramma.
Come risulta evidente da alcune tecniche e approcci specifici, ogni parte del nostro corpo può essere vista come una parte specifica e funzionalmente distinta dalle altre e, al contempo, come una piccola rappresentazione del tutto. L’agopuntura, la riflessologia, l’iridologia, ecc. confermano continuamente come lavorare su una parte localizzata del corpo permette di lavorare su corpo e mente nella sua interezza. In questo senso, orecchio, occhio, piede, mani, glutei, … sono tutte parti ologrammatiche del corpo intero. Come è noto infatti, ogni parte di un ologramma ripresenta l’immagine intera dell’ologramma stesso.
Trovo che questa metafora sia ancora più profonda e significativa per riflettere sull’interconnessione tra musica, suono e gravidanza.
Da molti punti di vista, possiamo immaginare il futuro nascituro come un ologramma dei propri genitori, in quanto rappresentativo di entrambi, loro continuazione psico-fisica, loro eredità. La vita, con ogni nascita, si rinnova attraverso nuovi riflessi che rappresentano e rinnovano il rapporto con gli antenati, di sangue e spirituali. Il feto, inoltre, è un organismo vivente che è parte integrante del corpo materno. In un gioco di riflessi meraviglioso, il feto contiene la madre (e il padre) in quanto sua continuazione, e la madre contiene il feto nel suo grembo.

Massaggio sonoro al pianoforte in gravidanza
Durante una seduta di massaggio sonoro al pianoforte, il suono avvolge quindi la madre che avvolge il feto. Il suono, attraverso le vibrazioni e le risonanze, entra in relazione fisica ed emotiva diretta con entrambi, in un processo simbiotico accogliente e rigenerativo.
Come ampiamente verificato, dal quinto mese di gestazione il feto è in grado di rispondere a segnali sonori diretti, in particolare la voce della madre, ma è già dalle primissime fasi di vita che il suono, per le sue caratteristiche, in quanto energia che si propaga nello spazio con moto ondulatorio, contatta direttamente le cellule del nascituro. Tale stimolazione, in quanto condivisa, compartecipata dalla madre, amplifica e rinforza il legame che li unisce. Se al massaggio sonoro si aggiungono i vocalizzi materni, il feto apprende le prime esperienze sonore significative seguendo la voce guida della madre, iniziando precocemente un dialogo che sboccerà negli anni a venire.

Il dialogo sonoro sviluppato in fase prenatale (con il massaggio sonoro e con i canti materni) favorisce uno sviluppo psicofisico del bambino più equilibrato. La musica è un facilitatore straordinario per lo sviluppo cellulare, organico e mentale: è sostegno emotivo; è energia benefica e rigenerativa; è contenitore psichico e rappresentativo; è materia comune di scambio, contesto condiviso sul quale sviluppare la comunicazione e la crescita; è una struttura organizzata emotivamente significativa che favorisce l’orientamento spaziale e temporale, quindi la crescita motoria e cognitiva; è una stimolazione che permette di sviluppare positivamente la memoria, la capacità di concentrazione, la creatività e le attitudini logico – matematiche.

Consapevolezza, rilassamento e risorse
I blocchi armonici e ritmici e i diversi registri attraverso i quali si sviluppa l’improvvisazione musicale al pianoforte durante una terapia, permettono di stimolare in modo selettivo alcune parti del corpo della madre e di contattare in modo differenziato il feto. Tale modalità favorisce lo sviluppo della consapevolezza materna, che ascolta le reazioni nel proprio corpo e le risposte emotive e razionali nella propria mente, portando progressivamente la madre a un ascolto profondo del proprio corpo che cambia, dei movimenti intra-uterini, delle tensioni fisiche provocate dalle trasformazioni fisiologiche. Inoltre, ansie, timori e logorii mentali abituali si tacitano, in quel silenzio della mente che è ritorno alla complementarietà positiva di corpo-mente, permettendo la diffusione nel corpo di uno stato di pace e benessere che investe completamente anche il feto. Mamma e bambino condividono quindi una precoce esperienza di armonia, con la madre che perde la propria frammentarietà di vita e si ricongiunge a se stessa e alla nuova vita che sta crescendo dentro di lei. Tale esperienza, così complessa da rappresentare e raccontare, è regolarmente ed efficacemente espressa dal corpo, che calma il proprio respiro, che si allunga naturalmente, che si fa pesante nel suo ricadere abbandonato sulla cassa armonica, che si fa al contempo leggero perché dismette temporaneamente la propria armatura psico-fisica, che trova nel rilassamento del viso, nel sorriso, negli sbadigli un diverso ritmo di vita e si apre, senza difese rituali, alle sorprese che questa particolare fase della vita riserva ogni giorno.

E il padre?
Il padre c’è, dovrebbe esserci. Può partecipare alla seduta stendendosi anch’egli accanto alla madre, sul pianoforte, oppure stando accanto, in piedi, mantenendo un contatto fisico con la madre. Può collaborare attivamente al dialogo sonoro vocalizzando a livello del feto, insieme alla madre, aprendosi a una relazione inedita forte, che unisce e prepara ad affrontare le rivoluzioni post-parto.
Egli può rinnovare l’esperienza del dialogo a casa, nell’intimità della camera da letto, vocalizzando per brevi periodi insieme alla madre. A livello psicologico, tale percorso permette al padre di non sentirsi escluso da una trasformazione che molto spesso appare (erroneamente) a due e nella quale, invece, il ruolo del padre è fondamentale per sostenere, consolidare, rielaborare. Il percorso può inoltre rappresentare un’efficace preparazione all’evento travaglio, dove il padre può essere attivo supporto alle fatiche materne.


è possibile prenotare una seduta di massaggio sonoro presso il mio studio.
potete anche contattarmi per valutare percorsi personalizzati di accompagamento al parto.

Imparare uno strumento o imparare a suonare?


Accade che nel mio lavoro si facciano diversi incontri.
Ogni incontro porta a riflettere sul valore che ha la musica nella nostra vita, nella nostra società e nella nostra intimità. So che, per ragioni misteriose, troppo spesso fare musica e fare esperienza del suono rimangono cose separate. Chi insegna musica, a tutti i livelli, dimentica che essa nasce dalla combinazione di suoni, dalla produzione ed emissione di suoni, che sono entità fisiche concrete, non volatili esperienze uditive e basta. Il suono è una forma di energia ben caratterizzata e descritta, di cui è possibile fare esperienza ben oltre la tecnica strumentale e l’ascolto con le orecchie.
È per questa ragione che, quando insegno il pianoforte, cerco di offrire esperienze sonore e musicali multiformi, che passano dall’uso delle percussioni, al massaggio sonoro, al movimento con il corpo. Perché è importante comprendere intimamente da subito che, se un adulto deve affrontare un passaggio pianistico con una ritmica complessa, oppure un bambino fatica a suonare a tempo regolare quattro note in una battuta, non è sufficiente il coordinamento motorio delle mani. Il rapporto tra il ritmo, il tempo e il movimento ha radici più profonde. Questo punto di vista non solo facilita l’apprendimento, ma permette di trasformare una lezione di strumento in un’esperienza significativa per il proprio mondo psico-fisico.
Questi temi sono ancora più importanti se l’insegnamento di uno strumento è indirizzato a persone portatrici di handicap psichici o fisici, dove lo sviluppo di una didattica e di un percorso tecnico non può per sua natura essere tradizionale, precostituito o predefinito. I limiti della persona diventano stimoli a trovare modalità differenti di apprendimento e di approccio allo strumento.
Altrimenti, che si tratti di persone normo-dotate o portatrici di handicap, c’è il rischio che l’esperienza didattica con la musica si riveli piena di frustrazioni e amplifichi le proprie personali insicurezze. Perché suonare uno strumento è difficile, è impegnativo e richiede una motivazione molto alta. Ma può rivelarsi anche tremendamente divertente, da subito.

E arrivo all’incontro. Ho avuto il piacere, recentemente, di conoscere un uomo, ormai quasi sessantenne, con una sua storia, una sua parabola di vita, una sua idea del mondo e dell’esistenza, che mi ha portato le sue emozioni e, certamente, le sue frustrazioni a piene mani.
Di tutti i problemi in cui un uomo di quella età, con quella esperienza, può ritrovarsi invischiato, lui ha “deciso” dovesse essere il suo rapporto con la musica e con il suonare il pianoforte. In anni e anni di “lotta” col suono, ha maturato un timore profondo verso lo strumento e verso la propria musicalità. Ho osservato, suona come se i tasti scottassero. Ha una discreta tecnica di base, sviluppata in percorsi multiformi e grazie a una grande tenacia, ma raramente riesce a provare una sana, piena soddisfazione nel suonare. Eppure ci torna, a testa bassa, perché per lui suonare è diventata una questione esistenziale.
La vicenda personale, probabilmente, ha molte sfaccettature e potrebbe trovare una soluzione con un percorso che gli permetta di rinnovare, di re-inventare il suo rapporto con il suono, attraverso un approccio più immediato, passionale, aperto, consapevole e fisico, con l’uso di esperienze di dialogo sonoro e di improvvisazione che smontino le sue idee circa ciò che è bello e accettabile in musica, ciò che è inadeguato e non all’altezza, iniziando da un’immersione sonora con il massaggio al pianoforte.
Ma al di là della vicenda personale, l’incontro mi ha permesso di focalizzare alcune idee, che elenco una dopo l’altra, senza ulteriore approfondimento e distanziandole l’una dall’altra, per dare spazio e fiato:

non può esistere una didattica strumentale immutabile a prescindere da chi vuole imparare;

il suono conserva, anche dopo anni di esperienze, un’ombra misteriosa, che può diventare davvero spaventosa;

dietro a quest’ombra, dentro a essa, si nascondono anche tutte le risorse per affrontare e risolvere quelle stesse paure;

nei percorsi di crescita, quali essi siano, la competizione, prima con se stessi, poi con gli altri, è sempre presente, al punto da generare conflitto personale e autentico sconforto;

in ambito musicale, i modelli di riferimento che si costruiscono e definiscono nel tempo sono fortissimi e molto condizionanti, e sono il segno di un clima culturale ancora oggi terribilmente competitivo e, in definitiva, aggressivo (il film di Michael Haneke, La Pianista, ne è una buona esemplificazione estrema e patologica);

la musica non è un sapere astratto e la tecnica non è il cuore della musica. Il cuore della musica è il suono.



Potete contattarmi per informazioni sull’insegnamento del pianoforte o per percorsi propedeutici all’apprendimento musicale.
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