giovedì 26 febbraio 2009

Senza quaderno - Laboratorio musicale con bambini


Sto realizzando un percorso di musicoterapia presso una scuola elementare della provincia di Milano. Al momento abbiamo coinvolto cinque classi, tra prime e terze. Lavoro con ognuna di esse singolarmente per circa un’ora.
In un giorno di lavoro ho la possibilità di incontrare circa duecento bambini, con i loro corpi ancora così espressivi, così in movimento e in evoluzione. A questa età più che ad altre si notano le moltissime differenze tra l’uno e l’altro, sia sul piano delle abilità funzionali del corpo che sul piano cognitivo che sulla capacità di entrare in contatto con le proprie emozioni e la propria espressività.
Per le insegnanti, il duro lavoro è trovare il giusto equilibrio tra l’esigenza del silenzio, dell’ascolto e dello stare seduti in classe e le vitali espressioni ancora infantili dei bimbi, che sentono il bisogno di muoversi, di inventare, di giocare e faticano ad accettare il brusco passaggio dalla felice esperienza della scuola dell’infanzia, dove l’apprendimento è ancora veicolato principalmente attraverso il corpo e il gioco.
La fatica delle insegnanti si legge spesso nella loro eccessiva attenzione all’ordine e al silenzio, quasi a non voler far apparire eventuali debolezze del proprio metodo educativo, tanto da spegnere sul nascere qualunque manifestazione spontanea dei bambini di fronte alla sorpresa del suono del tamburo, alla felice e voluta confusione di un ballo di gruppo e così via.
Prima di avviare qualunque lavoro in un contesto scolastico è quindi fondamentale chiarire agli insegnanti che gli obiettivi del lavoro di musicoterapia sono diversi dalle lezioni in classe. Così come trovo sia fondamentale sottolineare questa stessa differenza ai bambini. Da un lato per chiarire che nel contesto della musicoterapia, pur con il rispetto di alcune regole, l’espressività e lo stupore sono ammesse e, anzi, sollecitate. Dall’altro per ricordare che il rientro nella casse prevede il ritorno alle regole degli insegnanti.
Chiarire gli ambiti e i contesti, insomma, è utile agli insegnanti e ai bambini. E prima ancora al musicoterapeuta, che altrimenti rischia o di essere ingabbiato in un meccanismo che non gli appartiene o di essere vissuto dalla scuola come un corpo estraneo fastidioso e provocatorio.

Durante l’ultimo incontro, con tre delle cinque classi (due terze e una prima), ognuna separatamente, ho sviluppato un lavoro di improvvisazione sonora che ha progressivamente coinvolto contemporaneamente tutti i bambini della classe. A un certo punto, intorno a un cerchio immaginario all’interno del quale due bimbi erano impegnati in un dialogo sonoro agli djembè con la richiesta di suonare piano, gli altri bambini si sono raccolti in piedi o seduti, ognuno con una piccola percussione, a partecipare e collaborare all’improvvisazione. Il tutto è avvenuto progressivamente e gradualmente e con loro grande sorpresa, non avendo spiegato anzitempo cosa avremmo fatto. L’attesa di ricevere una percussione e ritrovarsi immischiati in quell’esperienza è stata eccitante per ognuno e li ha portati a un’attenzione spiccata per l’ascolto e l’osservazione di quanto andava succedendo. Avere venti bambini impegnati per più di trenta minuti (contando tutte le fasi di preparazione e di chiusura del percorso) in un lavoro comune senza distrazioni, incalzati a essere lì, in quel preciso momento, collaborando per la realizzazione di una musica nuova e inattesa è stata una grande gioia.
Ho percepito un chiaro senso di partecipazione e di armonia. E mi sono riscoperto un privilegiato. Non credo possano esistere molti lavori più belli e coinvolgenti.

Al termine dell’esperienza, abbiamo parlato un poco, per condividere alcune emozioni rispetto all’esperienza. Ho infine chiesto di disegnare qualcosa che ricordasse loro l’esperienza e di scrivere una frase che riassumesse quanto successo. Conservo i fogli gelosamente.

Prima di salutarci, un gruppo di bambini mi ha chiesto con insistenza, la prossima volta portiamo il quaderno? No, il quaderno qui non ci serve. Ma davvero, niente quaderno? Niente quaderno.
I loro occhi ridevano.
Non c’è nulla di male nell’usare un quaderno in un laboratorio di musicoterapia. Eppure, era così chiaro il valore simbolico del non avere il quaderno che ho deciso che, come in questa occasione così nelle prossime, se servirà useremo dei fogli volanti.

martedì 24 febbraio 2009

Nuovo ciclo di incontri a Milano in via Arona


Sono molto contento di annunciare un nuovo e più lungo ciclo di incontri presso lo spazio Scopri Coop di Milano via Arona, riservato ai Soci di Coop Lombardia.
Si tratta di 12 incontri che proseguiranno il discorso avviato a fine 2008 con i primi 5 incontri. Chiunque non avesse potuto partecipare ai precedenti però, non si preoccupi. Riprenderemo il filo del discorso e avremo il tempo di approfondire diversi argomenti.
I 12 incontri saranno divisi in tre blocchi: nel primo parleremo di paesaggio sonoro esterno e interiore, ascolto attivo della musica, costruzione di percorsi sonori adatti alle fasi della nostra vita; nel secondo approfondiremo il tema delle somatizzazioni e della funzione delle potenzialità della musica per ridurre la loro pressione quotidiana; il terzo sarà un'esplorazione delle possibilità dell'improvvisazione sonora e musicale, con l'uso di strumenti e della voce.

L'intero ciclo di 12 incontri costerà solo 32 euro. Si terrà tutti i martedì a partire da martedì 24 febbraio, dalle ore 17.30 alle 19.

Di seguito il programma completo.

24/02, 3-10-17/03
4 incontri su:
PAESAGGIO SONORO, ASCOLTO MUSICALE ATTIVO, COSTRUZIONE DI PERCORSI SONORI

approfondimento sulle caratteristiche musicali del mondo esterno e personali; come influiscono sulla nostra vita, le nostre emozioni, il nostro benessere psico-fisico; costruzione di percorsi musicali attraverso la successione di musiche diverse, con la partecipazione di tutti.
ognuno potrà portare alcuni brani che andremo poi a ricomporre in sequenza, a seconda dell'obiettivo di quella sequenza.

24-31/03
2 incontri su:
SOMATIZZAZIONI PSICOSOMATICHE e TECNICHE MUSICALI PER AFFRONTARLE

approfondimento su come si formano le somatizzazioni e quali funzioni hanno per la nostra vita; come sviluppare un ascolto che favorisca la consapevolezze delle somatizzazioni; come la musica e il suono possono aiutarci a ridurre il peso delle somatizzazioni nella vita di tutti i giorni.

7-14-21-28/04, 5-12/05

6 incontri su:
IMPROVVISAZIONE VOCALE E STRUMENTALE

utilizzo di tecniche vocali che favoriscono la consapevolezza, il rilassamento e il benessere psicofisico; improvvisazione sonora per l'espressività personale, la comunicazione non verbale, il piacere di usare il corpo in modo inedito e gioioso.

lunedì 23 febbraio 2009

17 riflessioni sulla musicoterapia, 5 - 8


Proseguo con le riflessioni 5-8 sulla musicoterapia ispirate dalla lettura dei 17 principi sviluppati da ReggioChildren. Per le premesse potete leggere qui.
Qui trovate invece le riflessioni 1-4.

Cinque
I linguaggi hanno il potere di generare altri linguaggi

La musicoterapia è un mezzo straordinario per elaborare, ridefinire, creare e sviluppare molteplici linguaggi. Il terreno privilegiato è senza dubbio quello della comunicazione para-verbale e non verbale. L’attenzione per gli aspetti creativi e improvvisativi spostano necessariamente l’attenzione dal solo linguaggio verbale e razionale ad altre forme di comunicazione che, per loro natura, sono meno controllati, meno consapevoli, meno gestiti.
Uno degli obiettivi principali di ogni percorso di musicoterapia potrebbe essere quello di creare un con-testo e un pre-testo nei quali l’espressività dà voce e forma alle emozioni e alla comunicazione delle emozioni. Riconoscersi e ritrovarsi, oggi, vuol spesso dire riscoprirsi in contatto con la propria emozionalità, in un contatto che è vitale, familiare, fluido. Vuol dire imparare che le nostre emozioni non sono né spaventose, né ingestibili, né condizionanti. Sono risorse, che si muovono per la nostra mente e il nostro corpo portando con loro un carico di energia enorme. Per sua natura, tale energia non è né positiva né negativa. Con la musica e l’ascolto profondo è possibile prendere coscienza di tale potenziale energetico, sbloccarlo dall’emotività e rimetterlo a disposizione del nostro corpo e della nostra mente.
La manifestazione più diretta e, purtroppo, inascoltata dei nostri blocchi emotivi sono le somatizzazioni. Impariamo a convivere con dolori e disturbi psicosomatici normalizzando questi che non sono altro che segnali importantissimi per comprendere il nostro stato di benessere (o malessere) e di armonia (o disarmonia). Attraverso percorsi strutturati di musicoterapia è possibile ascoltare realmente, profondamente tali segnali. Dare senso e dare espressione nuova alle emozioni ad essi legati e in questo modo rompere un equilibrio che è adattativo ma inadeguato, per dare vita a una nuova fluidità e un nuovo equilibrio, non più strutturato su blocchi e somatizzazioni persistenti ma sulla circolazione e la flessibilità.
Questo processo può essere sviluppato solo restituendo importanza e ascolto alle manifestazioni non verbali e para-verbali: il tono complessivo del nostro corpo, le posture, l’intonazione della voce, il ritmo respiratorio, la gestualità, il radicamento dei nostri piedi e delle nostre gambe a terra, le diverse velocità nelle nostre azioni quotidiane, …
La musica permette di sviluppare linguaggi e comunicazioni innovative e sorprendenti. Essa diventa infatti linguaggio privilegiato multisensoriale e sinestetico, connettore di altri possibili linguaggi. Ad essa è possibile associare il disegno, il ballo, il verbale di un’improvvisazione cantata, la narrazione, la mimica del corpo.
Le persone che partecipano e vivono di queste esperienze possono scoprirsi più competenti nel gestire le diverse fasi ed emozioni della vita, più aperte ad accogliere gli altri, più in ascolto dei bisogni espressi dai propri parenti e amici, più disponibili all’ “improvvisazione” nella vita quotidiana, più liberi dai pregiudizi e dai condizionamenti.


Sei
Le idee sono la risorsa per dare forma alle azioni e generare confronti inediti. Si impara suonando, creando

L’azione e la pratica manifestano chi siamo, i nostri pensieri e la capacità di rapportarci al mondo esterno. La musicoterapia parte dal presupposto che per produrre un cambiamento importante e persistente è necessario fare esperienza. Del suono, della musicalità, delle proprie emozioni, dell’interazione con l’altro. Il percorso di cura esce dal confine della sola parola, del dialogo verbale, che esclude il rapporto con il corpo funzionale, con le proprie capacità di manipolare oggetti e contenuti della realtà. Nel recupero dell’attenzione al movimento e al gioco, si sviluppa un percorso che non si discosta, se non nelle diverse implicazioni, dai percorsi terapeutici per i bambini.
Il rischio da evitare è quello di prediligere l’azione al punto da escludere il pensiero. Le verbalizzazioni relative alle esperienze, alle proprie intuizioni e alla consapevolezza che si sviluppano durante il percorso sono un momento importantissimo e favoriscono l’abitudine all’ascolto profondo di sé. Come è noto, gli adulti sono più refrattari a rimettersi in discussione e ad ammettere di poter di nuovo imparare, apprendere e rinegoziare le proprie convinzioni. Il pensiero e la ragione sono quindi uno strumento importantissimo per favorire la predisposizione dell’adulto a connettersi nuovamente con la parte più intuitiva ed emotiva del proprio essere e sono centrali per rielaborare le esperienze vissute. D’altra parte è impensabile realizzare percorsi espressivi e di cura con l’uso della musica senza che essa sia effettivamente sperimentata, vissuta, prodotta e condivisa nel e con il corpo funzionale, con i mutamenti di respiro, le agilità e rigidità del movimento, i cambiamenti del tono, la fatica dello stare a tempo, l’esplorazione del rapporto con lo spazio e la terra.
Un buon percorso di crescita con la musica dovrebbe favorire il circolo pensiero-azione-apprendimento. È in questa continua circolazione che si esprime appieno l’approccio olistico e si rimettono in moto energie essenziali al cambiamento e al benessere.
Al contrario, si rischia di dare spazio alle sole razionalizzazioni, producendo sovrastrutture su sovrastrutture.
Va ricordato, inoltre, che anche l’esperienza del silenzio e della pausa si connota come azione del corpo nel tempo e nello spazio, prima ancora che come esperienza psicologica.

Sette
Recuperare la gioia per l’arte della ricerca

Mi è capitato negli anni di assistere alla presentazione di modelli e tecniche musicoterapeutiche nelle quali si palesava un’evidente forzatura del metodo sulla persona impegnata nell’esperienza.
Detto che è importante, fondamentale, riuscire a definire l’utenza con la quale si sa, si vuole e si ha intenzione di lavorare, dall’altro è importante ricordarsi che il metodo o la tecnica non sono la pratica. Non è mia intenzione voler porre la questione della dicotomia tra tecnica e pratica che reputo sterile e riduttiva. Tuttavia, per chi opera in contesti di cura, soprattutto, sa quali trappole può mettere in atto la tecnica. Il modello offre certezze e aiuta a ridurre le ansie dovute all’imprevisto e all’imprevedibilità insito in ogni rapporto terapeutico. Un’eccessiva attenzione al modello di riferimento produce due effetti: rigidità di approccio, difficoltà nel costruire una relazione autentica con l’altro.
Interpreto il modello e la tecnica come un insieme di strumenti a disposizione del musicoterapeuta che quest’ultimo è tenuto a rielaborare continuamente e ad adattare in ogni momento della pratica. Al contrario si rischia di trovarsi di fronte al paziente che non va bene per il percorso che abbiamo intenzione di realizzare. Un bel paradosso.
Ammettere a se stessi di trovarsi in difficoltà in alcuni contesti è necessario e salutare, perché permette di mettersi in discussione e di rivedere il kit dei propri strumenti e il proprio approccio. Ma rimandare all’altra persona, anche implicitamente, il messaggio che egli non è adeguato al nostro approccio e al nostro con-testo è solo un modo per manifestare malamente il proprio ego e la propria presunta superiorità. Tale messaggio è ancor più doloroso e negativo per il paziente in quanto rinforza la sua percezione di inadeguatezza e tradisce completamente ogni minima disponibilità a mettersi in discussione.
La gioia della ricerca, per il professionista di musicoterapia, vuol dire non lavorare per confermare conoscenze o pensieri già prodotti, ma per continuare a costruirne di nuovi, aperti all’incontro reale e profondo con l’altro.
Il metodo e la tecnica sono, quindi, strumenti, risorse e punti di riferimento per una pratica efficace e coerente.

Otto
Ogni percorso di musicoterapia dovrebbe svilupparsi attraverso una metodologia della ricerca

Per le ragioni affrontate al punto sette, il metodo e la tecnica diventano quindi metodologia della ricerca. È importante rilevare, selezionare e connettere quanto succede nella pratica per creare nuove interconnessioni e dare forma a nuovi strumenti. Da questo punto di vista, ogni seduta è un vero e proprio laboratorio sperimentale, nel quale però le persone non vengono dissezionate, ma osservate nel loro complesso e in relazione alle dinamiche che nascono durante il lavoro.
In questo modo, per stratificazioni, si acquisiscono conoscenze e modalità operative che verranno sfruttate e valorizzate successivamente.
Ma è importante non scordare mai che all’interno del laboratorio il musicoterapeuta è egli stesso uno degli attori e uno degli oggetti di osservazione principale. La giusta predisposizione, a mio avviso, è quella di chi, con serenità personale, è pronto a mettersi in discussione e si percepisce anch’egli parte di un percorso di crescita. Flessibilità, circolarità, adattabilità, apertura acritica e piena accettazione di sé e degli altri sono alcuni concetti fondamentali che ogni musicoterapeuta dovrebbe sempre avere chiari in testa e mettere al centro della propria esperienza terapeutica.

venerdì 13 febbraio 2009

17 riflessioni sulla musicoterapia, 1 - 4


Ecco le prime quattro riflessioni sulla musicoterapia ispirate dalla lettura dei 17 principi sviluppati da ReggioChildren.
Per le premesse potete leggere qui.

Uno
Tornare al piacere dell’apprendere

Non c’è apprendimento importante senza coinvolgimento emotivo. Apprendere presuppone un atteggiamento di ascolto e di apertura verso il mondo, esterno e intrapsichico, che permetta alle esperienze di trovare spazio e alla comprensione di depositarsi e trovare voce.
La musica ci guida naturalmente verso esperienze piacevoli, per la sua immediatezza comunicativa, per il suo essere sempre associata al movimento, per la capacità che ha di ricondurre alla fusione di mente e corpo. L’incontro con emozioni intense attraverso la musica è la possibilità di ri-scoprirsi capaci di creare, inventare, esprimere. Che le emozioni abbiano un contenuto “positivo” o “negativo” poco conta. Perché la musica è in grado di rielaborarle sia sul piano estetico che dei contenuti.
Ogni esperienza musicale e sonora può essere divertimento e gioia. E sorpresa. Ognuna di esse rappresenta un’opportunità di crescita.


Due
Cercare il piacere di giocare, lavorare, elaborare, suonare

La conoscenza e l’elaborazione significativa della realtà richiede la volontà di mettersi in gioco.
Ho scoperto in questi anni che le persone sono restie a farlo. In apertura dei laboratori di musicoterapia con gli adulti richiedo sempre la disponibilità dei partecipanti a giocare con sé stessi, con le loro convinzioni, con le loro emozioni e i loro atteggiamenti. Perché “mettersi in gioco” non vuol dire altro che ritrovare il piacere e l’energia del gioco che, per primo, può guidare a cambiamenti strutturali e profondi. Significa ritrovare l’ironia delle scoperte, mentre si maneggiano strumenti sconosciuti, oggetti sonori non identificati, o ci si ritrova sulle mani la vibrazione profonda dei tamburi e le loro pulsazioni rituali.
L’improvvisazione sonora permette accostamenti inediti e inauditi e sono un’efficace rappresentazione di sé verso l’imprevisto in ogni situazione di vita. Il dialogo sonoro manifesta la nostra disponibilità all’ascolto, al confronto, alla condivisione. Come nella vita quotidiana, ogni incontro con l’altro è un punto di domanda aperto su molteplici possibilità.
La musica viene avvicinata in modo immediato, ovvero non mediato dalla tecnica, dalla conoscenza e dalle idee stratificate negli anni. Si ricerca il piacere dell’esperienza primaria del suono, che ha origini prenatali, che è vibrazione del e nel corpo, che è suono privo di un contenuto significativo e razionale. Quel suono si manifesta pasticciando con gli strumenti e il proprio corpo attraverso il movimento, e diventa spunto per riflessioni inaspettate.
È un lavoro, perché presuppone una consegna specifica e un obiettivo comune, ma è un lavoro piacevole perché personale, coinvolgente e guidato da una motivazione fortissima che è il desiderio di esprimersi e la gioia di suonare.

Tre
Dare spazio a una cultura che raccorda, relaziona, connette

La cultura di questa contemporaneità vive di frammenti, di superficialità, di consumi accelerati. Anziché essere fondata su strumenti che permettono di comprendere e rielaborare la nostra realtà, essa si confonde in modo indistinto con l’aggressione cacofonica che subiscono regolarmente i nostri sensi. Le tante, singole informazioni a portata di mano producono sovrastimolazione, al punto da non permettere più alcun tipo di appropriazione, se non attraverso percorsi faticosi e, a volte, dolorosi. Sono come i respiri che quotidianamente facciamo, brevi, inconsapevoli, insufficienti.
È una cultura che sembra svilupparsi per contrapposizioni ideologiche, per assunzioni di parti avverse, per congestioni e rifiuti, per strumentalizzazioni e che non ammette il silenzio. È guidata dal pregiudizio e da tifi calcistici, dalla necessità terribilmente inadatta di sentirsi parte di qualcosa, di essere riconosciuti attraverso un’adesione acritica e formale.
La musica, con la sua massa sonora, emotiva, significante, espressiva ed evocativa è sostanza. Unisce anziché dividere. Le esperienze di improvvisazione musicale chiedono all’ homo faber di creare connessioni. L’atto del fare musica che, come già detto, necessita sempre del pieno coinvolgimento del corpo attraverso il movimento, è per sua natura un atto di sintesi, intesa come ridefinizione di collegamenti, di ricongiunzione di elementi apparentemente lontani, disparati. Il connettore primario è il ritmo, la base che fornisce il paesaggio sonoro comune a tutte le persone che insieme si trovano a suonare, a sperimentare la musica.
I percorsi di musicoterapia favoriscono quindi lo sviluppo di una cultura della partecipazione che si arricchisce a partire dalle relazioni tra le persone, tra le persone e gli oggetti, tra gli oggetti e la produzione sonora.

Quattro
Sostenere il diritto dell’uomo di sentirsi intero

Se chiedo alle persone di impegnarsi in un’attività di vocalizzazione ripetuta, ad un certo punto si accorgono che sta succedendo qualcosa. Dopo che per alcuni minuti ci si è impegnati nella produzione di un suono continuo della durata dell’espirazione, ci si accorge come per incanto che il ciclo infinito e ricorsivo dei pensieri che accompagna ogni attimo della nostra vita è andato in pausa. Per un attimo percepiamo la bellezza del silenzio, quello profondo, interiore.
La musica vive dell’alternanza di suoni e silenzi. La nostra mente raramente sperimenta la pace. Nei vocalizzi, in quei suoni regolari e prolungati sembrano sciogliersi fatiche e tormenti in un attimo, per pochi attimi.
Succede che mente e corpo sono impegnati insieme, senza contrapposizioni e dualismi, a sviluppare una pratica benefica per entrambi. La vibrazione che nasce dall’interno, che sale attraverso la gola e dalla bocca al naso fino alla parete frontale della scatola cranica, produce un micromassaggio distensivo. Il suono riequilibra naturalmente le energie, riduce le tensioni, favorisce il ritorno a un respiro regolare e profondo. La mente abbandona le incertezze e le abitudini analitiche basate sulle contrapposizioni e i confronti, ricongiungendosi in un’unità che è innanzitutto funzionale ed espressiva.
Mente e corpo tornano ad ascoltarsi e ritrovano sinergia, simpatia, condivisione. Questo ascolto reciproco permette all’essere umano di ritrovare la propria interezza e la propria solidità.
Non conosco un metodo migliore della musicoterapia con il canto e le vocalizzazioni per iniziare un percorso di consapevolezza.
Ma è la pratica del suonare, in ogni sua forma, che permette all’uomo di ricomporsi e, al contempo, rigenerarsi. La pace nasce da un profondo senso di unità e di appartenenza.

giovedì 12 febbraio 2009

17 riflessioni sulla musicoterapia - Introduzione


Le discipline della musicoterapia sono relativamente nuove e in continua evoluzione. Il denominatore comune, la musica, ha talmente tante implicazioni differenti per l’uomo e nei percorsi di cura che appare riduttivo se non inadeguato un approccio monodimensionale o definitivo. La multidisciplinarietà è salutare non solo quando concepita come interazione tra specializzazioni differenti (il lavoro in equipe con altri specialisti) ma anche quando è la musicoterapia stessa a svilupparsi come metodo e come ricerca attraverso l’apporto di differenti categorie mentali, tecniche, punti di vista e derive.
Recentemente ho avuto modo di entrare in contatto con quel ricchissimo laboratorio educativo che è ReggioChildren e ho trovato alcuni interessanti spunti di riflessione rispetto al mio lavoro come musicoterapeuta.
In particolare, mi ha colpito un’elencazione di principi (diciassette) che fanno da linee guida per le mostre I cento linguaggi dei bambini che da alcuni anni si susseguono in tutto il mondo.
In coda a questo articolo, riporto l’elenco completo dei diciassette principi così come sono originariamente formulati. È inoltre possibile recuperare tale elenco all’interno del suo proprio contesto alla pagina nove del quinto numero della rivista ReChild, scaricabile al seguente indirizzo:
http://zerosei.comune.re.it/italiano/100exhibit/indeep.htm,

Da parte mia, vorrei ripercorrere ognuno di questi principi azzardando una riformulazione in chiave musicoterapeutica.
Il tentativo nasce dalla convinzione che tutte le discipline attinenti alle artiterapie possono trarre linfa vitale da queste brevi ma dense indicazioni. Per molti versi sembrano pensate su misura per esse e ne favoriscono un’utile sistematizzazione.
Lo spunto trae inoltre le sue origini dalla considerazione che l’infanzia, con i suoi percorsi di scoperta, comprensione e ridefinizione dei contenuti del mondo che ci circonda, è prima di tutto un laboratorio artistico e creativo. Le artiterapie coi bambini dovrebbero tutte avere ben presenti questi principi.
D’altra parte si usa spesso accennare, nello sviluppo di un percorso di cura ed espressivo con gli adulti, alla necessità di ritrovare le energie e lo stupore propri dell’infanzia. Non si tratta di un ritorno a una fanciullezza idealizzata, quanto piuttosto l’idea di riscoprire una vitale connessione con le potenzialità e la gioia della crescita che caratterizza i primi anni di vita; ritornare a vivere la felicità del gioco, dell’invenzione inedita, del rischio, della scoperta e della sorpresa, dello sporcarsi le mani, il corpo e l’anima, della condivisione, della libertà, della ridefinizione di confini e limiti…
Chiedo al lettore di condividere come me questo percorso senza mai scordare quanto ha sempre sostenuto Lowen, ovvero che la felicità nasce dal sentirsi costantemente parte di un percorso di crescita.

Di seguito elenco, in forma estremamente sintetica, le diciassette idee da cui prenderò spunto per realizzare, in quattro articoli successivi, riformulazioni più approfondite.

Uno
Tornare al piacere dell’apprendere

Due
Cercare il piacere di giocare, lavorare, elaborare, suonare

Tre
Dare spazio a una cultura che raccorda, relaziona, connette

Quattro
Sostenere il diritto dell’uomo di sentirsi intero

Cinque
I linguaggi hanno il potere di generare altri linguaggi

Sei
Le idee sono la risorsa per dare forma alle azioni e generare confronti inediti. Si impara suonando, creando

Sette
Recuperare la gioia per l’arte della ricerca

Otto
Ogni percorso di musicoterapia dovrebbe svilupparsi attraverso una metodologia della ricerca

Nove
Comunicare con il mondo con tutte le potenzialità

Dieci
Sostenere il bisogno di libertà

Undici
Rispettare i tempi individuali. Non accelerare. Dare tempo e spazio per la sperimentazione e l’apprendimento

Dodici
Riscoprire che l’utopia, il sogno e il desiderio sono parte della normalità quotidiana

Tredici
Permettere alle persone di fare esperienze ed elaborare le proprie teorie. Narrare, raccontare, dare voce alle esperienze è una forma privilegiata di apprendimento

Quattordici
Dare forma alle teorie attraverso diversi mezzi, linguaggi, emozioni, esperienze

Quindici
Sviluppare un approccio sistemico alla crescita e alla cura

Sedici
Porre attenzione all’ambiente e al setting in cui si sviluppa la pratica. Favorire l’esplorazione e le interconnessioni

Diciassette
Superare la separazione tra spazio di cura e spazio di vita quotidiana. La persona è un sistema interconnesso. Salvaguardare la complessità superando le semplificazioni





I diciassette principi originari che guidano i percorsi delle mostre I cento linguaggi dei Bambini (da rechild #5):

Uno
Il piacere dell’apprendere, conoscere e del capire è una delle prime fondamentali sensazioni che ogni bambino si aspetta dell’esperienza che affronta da solo con gli altri bambini e con gli adulti.

Due
Qui ci sono bambini ed adulti che cercano il piacere di giocare, lavorare, parlare, pensare, inventare insieme in amicizia.

Tre
La tesi è quella di una cultura che, anziché separare, raccorda, relaziona, connette i modi, le qualità e gli spazi degli incontri e dell’esperienza dei bambini con la multiforme natura della realtà fisica e sociale.

Quattro
Un obiettivo della mostra è quello di sottolineare con forza la necessità ed il diritto del bambino (e così per l’uomo) di sentirsi intero. E’ una necessità biologica e culturale, uno stato vitale di benessere.

Cinque
Tutti i linguaggi che già convivono nella mente e nelle attività del bambino hanno il potere di divenire forza generatrice di altri linguaggi, altre azioni, altre logiche ed altre potenzialità creative.

Sei
Il pensiero, la ragione, la parola, ma anche il sentimento, la creatività, l’estetica vivono di azioni e di confronti. C’è una forza che spinge i bambini, ma la forza si moltiplica se si convincono che i fatti, le idee sono una risorsa, come sono una impagabile risorsa i coetanei e gli adulti che li frequentano.

Sette
L’arte della ricerca è già nella mente dei bambini sensibilissimi al godimento e allo stupore. I bambini avvertono presto che è in questa arte che possono ritrovare la gioia di vivere e la
liberazione dalla noia che deriva dall’esistere in un mondo inesplorato.

Otto
La metodologia di ricerca è la strategia che caratterizza il procedere della conoscenza di
bambini ed adulti ma più complessivamente del farsi e dell’essere scuola.

Nove
Ciò che a noi compete è aiutare i bambini a comunicare col mondo con tutte le potenzialità, le forze, i linguaggi di cui sono dotati e nel contempo aiutarli a battere ogni impedimento derivante da una
cultura che li depaupera o perché li costringe ad imitare passivamente modelli preesistenti o perché
sottovaluta le loro capacità di ricerca e di creatività.

Dieci
I bambini hanno bisogno di molta libertà. Libertà di indagare, provare, sbagliare, correggere. Di
scegliere dove e con chi investire in curiosità, intelligenza, emozione; di rendersi conto come la
ragione, il pensiero, l’immaginazione creino trame continue tra le cose e muovono e sommuovono il mondo.

Undici
I tempi dei bambini hanno bisogno di un grande rispetto. Contro le pressioni acceleranti e contro
la fretta di fare uscire presto i bambini dall’infanzia occorre la solidarietà degli adulti.

Dodici
L’utopia, il sogno, il desiderio debbono fare parte delle qualità del quotidiano, consentendo così di
realizzare quella normalità ricca che supera l’idea dell’eccezionalità dell’esperienza per rifondare un valore nuovo e positivo di normalità.

Tredici
Per il bambino - come per l’adulto - capire significa essere in grado di elaborare una teoria
interpretativa che dia senso agli eventi e alle cose del mondo. Tutte le teorie, dalla più semplice alla
più elaborata, hanno bisogno di essere narrate ed ascoltate per poter esistere.

Quattordici
I bambini rappresentano le loro teorie utilizzando diversi mezzi e, grazie a ciò, queste teorie possono essere meglio conosciute e comprese, arricchite e ridefinite. Ciò permette alle immagini e alle intuizioni del bambino di prendere forma ed evolvere attraverso le azioni, le emozioni, le espressioni, le rappresentazioni iconiche e simboliche e attraverso i cento, mille linguaggi grazie ai quali narrano e spiegano a se stessi il loro mondo.

Quindici
La scuola del bambino si costruisce assumendo la centralità dei bambini, degli insegnanti delle
famiglie e dell’ambiente. Il progetto allora si fa sistemico e la sua organizzazione concreta è già
una scelta di contenuto.

Sedici
L’ambiente è predisposto e studiato dal punto di vista architettonico e funzionale per sostenere
questo sistema di interconnessioni e interazioni.

Diciassette
La vecchia teoria della separazione tra scuola e famiglia lascia il posto alla teoria educativa della
partecipazione. I rapporti tra i bambini, gli adulti della scuola e quelli della famiglia si consolidano
attraverso una multidimensionalità di forme, scambi, dialoghi che producono elaborazioni educative e didattiche profondamente condivise.
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