giovedì 25 settembre 2008

Improvvisazione musicale per ragazzi


Musica non-musica
L’adolescenza, come noto, è una fase di trasformazione profonda e delicata.
Cambiano i rapporti, le sensazioni e i desideri del proprio corpo, cambiano le relazioni con gli altri, si costituiscono nuovi e inediti sistemi di valori, nuove e inedite convinzioni sulla propria personalità, nuove e inedite aspettative rispetto al mondo.
In un processo così complesso, spesso conflittuale e traumatico, la musica è elemento onnipresente in tutte le situazioni di vita, con funzione di aggregazione e di identificazione (essere parte di…), ma spesso anche con funzione di isolamento e di separazione (la musica come bolla che mi racchiude e mi isola e distoglie da tutto il resto).
In ogni caso la musica c’è, e sempre più in relazione allo sviluppo tecnologico. È una musica “prodotto”, nucleo di comunicazione programmato e strumentalizzato, che trasferisce molto più di quello che sarebbe il suo motivo originario: è un simbolo condizionante che genera status, aderenza acritica, che ha molto più a che fare con l’immagine che col suono.
Difficile, in questi anni e in quegli anni, quelli dell’adolescenza, riuscire a percepire e vivere la musica come un’esperienza completa, viva e autenticamente “sonora”.
Anche per i ragazzi, e sono molti, che iniziano un percorso di apprendimento di uno strumento musicale, che spesso si sviluppa in esperienze di musica di gruppo, è difficile accogliere la sperimentazione musicale per quella che potrebbe essere, ovvero un’esperienza libera, creativa ed espressiva, appesantita com’è da un approccio spesso molto competitivo e idealizzato nelle sue finalità e nei suoi contenuti (banalmente, voler diventare famosi, voler essere amati e riconosciuti, voler ripercorrere le carriere fulminante dei propri idoli).

L’esperienza del suono
Attraverso percorsi strutturati di improvvisazione musicale di gruppo è possibile avvicinare i ragazzi a una nuova relazione di sé con l’esperienza viva del suono, che è la matrice energetica alla base del fare e vivere la musica.
In un approccio e in un setting adeguatamente pensato, che media in modo flessibile tra l’aspetto ludico, educativo e puramente espressivo del fare musica, utilizzando specifiche tecniche di dialogo sonoro, i ragazzi possono fare le prime esperienze di improvvisazione di gruppo affacciandosi via via a un vissuto inedito ma familiare.
È importante sottolineare che, alla base dei percorsi di improvvisazione, non c’è l’obiettivo di sviluppare specifiche tecniche musicali. Chi non ha mai utilizzato uno strumento musicale ha la possibilità di suonare in modo istintivo, guidato soltanto da alcuni consigli funzionali, strumenti a percussione di immediata comprensione e che offrono da subito un riscontro diretto di quello che si sta facendo. A dominare è il gusto dell’esplorazione, che viene costantemente sollecitata, e il rapporto diretto tra gesto, movimento e produzione sonora. Il ritmo è il primo elemento costitutivo che viene sviluppato e fatto proprio. Poiché il ritmo, primo tra tutti, ha radici profonde nella vita intrauterina e nella prima infanzia di ogni persona, si favorisce in questo modo una vera e propria riappropriazione di potenzialità e capacità già precedentemente sviluppate.
Una naturale conseguenza di questo incontro con il suono può essere la nascita del desiderio di imparare seriamente e serenamente a suonare uno strumento musicale. Un desiderio che non nasce da eredità familiari né da idealizzazioni narcisistiche, quanto piuttosto dal puro piacere dell’esperienza musicale sperimentata. Perchè l’incontro con il suono è innanzitutto incontro di gioia e di pienezza.
Per chi invece ha già avviato l’apprendimento della tecnica strumentale, che sia alle prime armi o che abbia alcuni anni di esperienza, l’improvvisazione musicale permette di riconsiderare e di ridefinire il proprio rapporto con lo strumento prediletto e di metterlo in relazione all’uso di altri strumenti, simili o lontani per caratteristiche. L’esperienza del suono diventa in questo modo incontro di timbri e di trame musicali nuove che, sempre all’insegna dell’esplorazione e della scoperta, permettono un comprensione più ampia del fare musica, rompono barriere e pregiudizi in merito a cosa è musica, a cosa è possibile e impossibile, a cosa è bello o brutto.

Un percorso di gruppo
L’improvvisazione musicale è prima di tutto un’esperienza di gruppo.
I ragazzi si ritrovano in cerchio a sviluppare una trama sonora comune fatta di molteplici stratificazioni che sono il contributo di ognuno alla musica. Ogni colpo prodotto, ogni movimento esplicito e implicito, ogni suono nasce dalle sollecitazioni incrociate di ogni persona. Si sviluppa un dialogo sonoro complesso, multiplo, che si esprime attraverso la voce delle emozioni che sottende ogni azione. È il mettersi in gioco di fronte all’altro, nel confronto con l’altro, che diviene eco e specchio reciproco. Si produce insieme qualcosa di inedito intorno a un obiettivo comune, che nella sua forma più semplice è “fare musica” ma che, nelle diverse esperienze, può strutturarsi in modi diversi. Il fare musica infatti può nascere dalla volontà di rappresentare musicalmente un’emozione condivisa, un dipinto o un’illustrazione; rielaborare un altro brano musicale; procedere in una staffetta sonora o in una confronto all’ultimo colpo; ricalcare movimenti e gesti messi in scena da qualcuno del gruppo; e così via.
Qualunque sia l’obiettivo specifico e mutevole, solo la collaborazione e il confronto permettono di dare forma a un’esperienza emotivamente significativa, bella nella qualità della manifestazione, importante nel flusso continuo delle esperienze di vita di una persona. In definitiva, è sul piano del confronto che possono nascere esperienze davvero trasformative, nel momento in cui danno voce a una parte inedita di sé, si traducono nella scoperta di sé, delle proprie potenzialità prima inascoltate o inesplorate.
In adolescenza, dove tutto è in discussione e tutto cambia, in primis gli equilibri relazionali tra persone di sesso diverso, ecco che l’incontro dell’improvvisazione diventa anche una via per esplorare modi diversi, meno schematici e precodificati, di rapportarsi all’altro sesso. L’energia che si muove e ne nasce, pur rimanendo fortemente ancorata ai bisogni sessuali primari così dominanti in questi anni, si incanala velocemente e con efficacia in forme espressive nuove, grazie alla capacità di mediazione e di trasformazione simbolica che ha la musica. Il corpo dell’altro sesso può essere avvicinato, osservato e toccato perchè strumento da percuotere, perchè movimento e danza, perchè forma espressiva viva che genera musica e sorpresa. Dalla diversità (di persona, di genere, di età, di capacità o predisposizioni musicali) nascono la complementarietà e la condivisione.

Vivo, creo, mi esprimo
I dubbi della vita, le convinzioni erronee su noi stessi nascono in questi anni.
Il senso del limite, dell’ammesso e del vietato, della libertà individuale si struttura in questa fase, quando si sviluppano le autonomie relazionali e psicologiche, quando la temporalità, l’aspettativa per il futuro, un primo progetto di vita inizia a prendere forma.
Troppo spesso il senso del limite è definito più che da un sistema valoriale, da paure, condizionamenti, identificazioni e pregiudizi. Il poter fare è ridotto al dover fare che è espressione di un dover essere poco consapevole.
L’insieme di tali condizionamenti sono la più forte spinta contraria alla libertà creativa ed espressiva. Attraverso un rapido e feroce meccanismo di interiorizzazione, i condizionamenti diventano strutture di personalità e stili di vita che il più delle volte portano sofferenza e frustrazione negli anni della vita adulta.
L’improvvisazione musicale diventa un luogo protetto ma pulsante di sperimentazione. Esprimersi in musica vuol dire innanzitutto concedersi la possibilità reale di rischiare, di aprirsi alla curiosità, di dare spazio all’inedito e all’inaudito, di scoprirsi. Le timidezze, le paure, vengono messe in discussione, messe al centro del cerchio che lega il gruppo, affrontate con serietà ma con ironia, e riconosciute come limiti da riconoscere e superare, come condizionamenti dai quali divincolarsi.
Gli obiettivi espressivi, i pre-testi dai quali prende forma il testo musicale, sono la meta che spinge i ragazzi ad andare oltre, ad andare un poco più in là, con l’aiuto e la fiducia degli altri.
Per chi guida tali esperienze di musicoterapia c’è un indicatore chiarissimo della direzione che si sta seguendo, una spia che dichiara senza possibilità di errore se si sta evolvendo verso una maggiore libertà espressiva o meno: è la sensazione di gioia e di divertimento dei partecipanti. Il livello di coinvolgimento emotivo è tanto più diretto, “pulito”, trasparente quanto maggiore è la capacità del gruppo di condividere e di mettersi in cammino insieme verso l’obiettivo. È questa partecipazione emotiva che favorisce la trasformazione del materiale sonoro e, in defintiva, delle persone coinvolte.

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