mercoledì 24 dicembre 2008

Rituale vocale 1 - 30 minuti

Sto sperimentando un breve rituale con l'uso della voce che trovo molto efficace per facilitare la meditazione e l'ascolto di sè.
Ha durata complessiva minima di circa 30 minuti. Ma il mio consiglio è di ampliarlo quanto se ne ha voglia.

Fasi:
1. In piedi, gambe leggermente diviaricate. Occhi chiusi. Contatto con il respiro e le proprie tensioni. Mentalmente "lasciare andare".
2. Molleggiare sul posto, dolcemente, in modo sciolto. Prima in silenzio, poi vocalizzando un secco "ah" ogni volta che si scende, senza sforzare.
3. Ci si ferma, immobili, in silenzio e si torna a contatto con il respiro.
4. Piegati, mani a terra, ginocchia leggermente piegate. Quando il corpo si abitua alla posizione e all'improvviso flusso di sangue alla testa, si inizia a vocalizzare un lungo "om" per la durata dell'espirazione. Ripetere per almeno 5 volte.
5. Ci si siede su un cuscino, schiena naturalmente dritta. Occhi sempre chiusi. Contatto con il respiro. Quando torna normale, si inizia a vocalizzare per tutta la durata dell'espirazione, continuativamente per almeno 10 minuti. Si può utilizzare l' "om" o la vocale che si desidera.
6. In silenzio, si torna a contatto con il respiro e si ascolta la risonanza nel corpo e nella mente di tutto il percorso. Per almeno 5 minuti.
7. Ci si distende, ci si riattiva, ci si stira e si torna al mondo intorno


Il mio consiglio è di provarlo. L'efficacia immediata è sorprendente. Nel tempo, produce un cambiamento.

martedì 11 novembre 2008

Intorduzione alla musicoterapia - Seminari a Lecco

Nuovi incontri di introduzione alla musicoterapia, questa volta in quel di Lecco, grazie alla collaborazione con l'Arci.
Saranno 4 incontri per 4 martedì di fila a partire dal 18 novembre, dalle ore 21 alle 22.30, presso la sede dell'Arci (via Cantù 18, Lecco).
Il costo a persona per tutti gli incontri è di 60 euro.
Ecco il programma:

martedì 18/11/08: IL PAESAGGIO SONORO
I suoni, i rumori, la musica nella nostra vita quotidiana.
Esplorazione delle caratteristiche che compongono ”il paesaggio sonoro”.
Alcune strategie di difesa dai paesaggi sonori faticosi e stressanti.
Composizione di paesaggi sonori positivi.
Riflessioni sulla scelta consapevole della musica che ascoltiamo tutti i giorni.

martedì 25/11/08: ESPLORAZIONI SULLA VOCE
Voce individuale, voce personale, la respirazione e il suono.
Ascolto superficiale e ascolto profondo della voce.
Introduzione ad alcune tecniche di improvvisazione vocale.
Conoscere la propria voce per conoscersi.

martedì 02/12/08: IL SUONO CURATIVO - MASSAGGIO SONORO
I suoni armonici, componente curativa del suono.
Immersione musicale: ascoltare con tutto il corpo, non solo con le orecchie.
Lo stress, le somatizzazioni e l’armatura emotiva di tutti i giorni.
La musica come mezzo per aprirsi all’esperienza rigenerante dell’ascolto.
La tecnica di massaggio sonoro al pianoforte.

martedì 9/12/08: IMPROVVISAZIONE MUSICALE
L’esperienza creativa del fare musica.
Tutti possono suonare: esplorazione della musicalità propria di ogni persona.
Creatività ed improvvisazione nella vita quotidiana.
Attività di improvvisazione musicale con l’uso di percussioni.

Per avere informazioni e per iscriversi, potete contattare l'Arci:
tel. 0341365580
corsi@arcilecco.it
www.arcilecco.it

martedì 28 ottobre 2008

Introduzione alla musicoterapia - Seminari a Milano

Sono lieto di comunicare che prosegue la mia collaborazione con i comitati soci di Coop Lombardia.
A partire da martedì 28 ottobre, per 5 settimane consecutive, presso il comitato soci di Milano, via Arona (zona Sempione) terrò 5 incontri tematici per raccontare cos'è la musicoterapia secondo quella che è la mia esperienza.
Ecco l'elenco dettagliato degli incontri:
24 ottobre - Il paesaggio sonoro - I suoni che ci circondano, che ci appartengono, che ci disturbano. Per un'ecologia della musica e del suono
4 novembre - La voce - Il nostro rapporto intimo con la voce. Vocalità, melodia, respiro. Introduzione all'uso di tecniche vocali per il rilassamento psico-fisico
11 novembre - Massaggio Sonoro al Pianoforte - Cos'è il suono? Come lo ascoltiamo? La tecnica di massaggio sonoro - Brevi prove al pianoforte per i partecipanti
18 novembre - Improvvisazione musicale (1) - Tutti possono suonare. La musicalità è patrimonio di tutti - Esperienze di improvvasione musicale di gruppo
25 novembre - Improvvisazione musicale (2) - Tutti possono suonare. La musicalità è patrimonio di tutti - Esperienze di improvvasione musicale di gruppo

Gli incontri si svolgeranno dalle ore 17.30 alle ore 19, come detto presso la sala del comitato soci al primo piano, vicino al supermercato Coop di Milano, via Arona (Zona Sempione).
Per informazioni e prenotazioni, contattatemi.
La partecipazione è gratuita.

A breve dovrei avere conferma anche per un percorso simile ma diverso presso il comitato soci di Milano, Baggio. A presto per novità.

lunedì 13 ottobre 2008

Zia May sul pianoforte - racconto

Da tempo mi diletto a scrivere racconti e haiku. Se ne trovano un po' su un altro mio blog (http://ilgabo.blogspot.com). Spesso le esperienze di musicoterapia diventano argomenti e pretesti narrativi. Il racconto aiuta anche a svelare un'attività che spesso ai più appare quanto meno atipica, se non astratta e inconsistente. Quando racconto del massaggio al pianoforte a conoscenti, la prima reazione è il sorriso. Pubblico qui la narrazione verosimile del mio incontro con Zia May (nome di fantasia), sperando che disveli un poco di mistero. Si rivela essere anche una riflessione sulle aspettative del terapeuta nell'incontro col paziente.


Quando qualcuno mi chiede di come funziona il massaggio sonoro al pianoforte, di solito gli racconto di zia May.
Oggi piove, l’umidità riempie ossa e articolazioni. Ogni giorno di pioggia provo a immaginare la sofferenza di zia May. Nella sua vita da ultra ottantenne, la vecchia e curva zia di Peter si alza la mattina tirandosi con delle corde sospese al di sopra della testata del letto. Si mette a sedere tenendo gli occhi chiusi, ringraziando il signore per un nuovo giorno e maledicendolo per il dolore. Nel tempo, nei più di quindici anni accompagnati da tale sofferenza, zia May ha cambiato espressione del viso e percezione delle cose.
Da giovane era una persona amorevole e cocciuta. Rimasta cocciuta, si è ritrovata con un corpo e un carattere nodoso e curvo come il suo corpo. La compagnia di altre persone si è fatta via via più rara, sia perché le è sempre più difficile uscire di casa, sia perché è sopravvissuta ad amici di vecchia data ormai scomparsi. Peter è finalmente riuscito a costruirsi una vita sua, in un’altra città. Telefona spesso a questa zia che è come una madre, ma raramente riesce a venirla a trovare. La fortuna di Peter è che, malgrado l’età, i dolori e la rabbia, zia May è autonoma e lucida, perfettamente lucida.
Un giorno ero fuori casa, accompagnavo Gabo in uno dei suoi giri di esplorazione, tra rincorse ai gatti e grida di cuccioli di rondine, quando sento zia May che lo chiama. Innamorata dei bimbi come ogni anziano, mostrava una particolare predilezione per mio figlio. A un anno e mezzo Gabo era biondissimo, solare, socievole e curioso. Credo che a zia May piacesse soprattutto per la sua curiosità, per gli occhi svegli con i quali osservava e archiviava nella sua testa. Era un periodo in cui raramente si proteggeva dagli altri, quella strana fase della vita in cui si saluta chiunque si incontri e si ricerca nell’altro ogni forma di sollecitazione.
Parlammo del più e del meno; Gabo osservava eccitato e spaventato un camion pieno di terra mentre faceva manovra per svuotare il carico alla fine della strada. Le raccontai della mia attività di musicoterapia con la stupida modestia e timidezza che mi caratterizza in quei casi. Avevo notato la curva della sua schiena e il suo modo lento e faticoso di procedere. Non avevo riflettuto sulla gravità della sua situazione né sulla ferocia del suo dolore. Quando le raccontai dell’efficacia del massaggio sonoro al pianoforte vidi il suo volto aprirsi e illuminarsi e, con mia grande sorpresa, fissammo un incontro.
Zia May mi dava l’impressione di una donna in abbandono, in discesa. Non che fosse trasandata o depressa, ma rassegnata con rabbia. Aveva subito decine di operazioni negli ultimi quindici anni, soffriva di osteoporosi, psoriasi alle gambe, ernia al disco. E poi c’era quella scogliosi tremenda che la spezzava quasi in due. Ne compresi l’entità la prima volta che si distese sul pianoforte.La ricevetti dall’ingresso secondario di casa mia, che permette di non salire le scale e dà direttamente alla mia taverna adibita a studio. Arrivò camminando lentamente, faticosamente. Ogni passo le costava un grande sforzo per colpa del dolore. Mi chiedevo come riuscisse a occuparsi delle pulizie giornaliere della casa, dei pasti e delle dieci galline rimaste nel pollaio, ultimi animali sopravvissuti a un’età contadina ormai necessariamente messa da parte. Le uova che producevano erano poche, grandi e gustose. Zia May amava regalarle a Gabo quando ci incontravamo per caso nelle nostre passeggiate.
Entrata nello studio, le mostrai il pianoforte e le raccontai cosa avremmo fatto. Lei avrebbe dovuto salire sopra alla cassa armonica del pianoforte per mezzo di una scaletta, distendersi sopra e ascoltare in silenzio una mia improvvisazione musicale della durata di circa quarantacinque minuti. Terminata la breve descrizione mi guardò con occhi sgranati e scettici Non credo di riuscire a salire lì sopra! dicevano. Con il mio aiuto, con calma e una lentezza piena di preoccupazione, ci riuscì. Era solo la parte più facile. La difficoltà maggiore fu distenderla supina lungo tutta la lunghezza della coda del pianoforte, tra una fitta di dolore e l’altra, in modo che trovasse una posizione non scomoda e che le permettesse un parziale rilassamento. Appoggiata la schiena, la testa rimase sollevata dalla base di appoggio di almeno sessanta centimetri. La curva della sua schiena era tale che soltanto con l’aiuto di sei cuscini belli gonfi le fu possibile appoggiare la testa e rilassare parzialmente il collo.
Ero preoccupato. Una donna di più di ottant’anni, che ha affrontato ogni genere di operazione, che ha contatti quasi quotidiani coi medici, che utilizza regolarmente antidolorifici, insomma, una persona così radicata nei meccanismi della medicina tradizionale, avrebbe accolto i benefici di questa strana terapia? Avrebbe quantomeno ascoltato alcuni minimi segnali di benessere? E soprattutto, di fronte a una situazione così compromessa, quali reali effetti avrebbe prodotto il massaggio sonoro? Avevo le mie convinzioni e le mie conoscenze, avevo la mia esperienza, ma non avevo ancora avuto modo di sperimentare la tecnica con una situazione così difficile.Le posizionai altri tre cuscini sotto alle ginocchia, in modo da distenderle il più possibile la schiena e migliorando l’equilibrio tra parte superiore e posteriore del corpo. Mi sedetti sullo sgabello, in procinto di iniziare a suonare.
Continuavo a chiederle come si sentiva in quella posizione Riesce a resistere? Non è troppo scomoda? Mi rispondeva di si, ma la vedevo tesa e preoccupata. Immaginavo i suoi pensieri in testa Ma cosa sto facendo qui? Come ho fatto a fidarmi di questo matto?
Le dissi di mettersi in ascolto. Del silenzio dello studio, del canto degli uccelli proveniente dalla finestra leggermente aperta, del nostro respiro. La osservai attentamente, secca e curva. Mi concentrai sul suo respiro, ancora accerchiato da timori, ne interpretai le fluttuazioni ritmiche, la dimensione, le contrazioni, le regolarità e le interruzioni.
Ogni percorso sonoro, nell’improvvisazione terapeutica, nasce dal respiro. È la base sicura dalla quale avviare l’esperienza, dalla quale la musica può prendere forza e acquistare un senso. Col procedere dell’improvvisazione, ritmo, armonia e melodia si sarebbero poi allontanate da quell’ancora, avrebbero reinterpretato il modello tonico e posturale per restituire al paziente altre combinazioni, nuove possibilità.
Nel silenzio, che si apriva come un orizzonte tra quelle quattro mura, dando spazio a una conoscenza in divenire, a un’esperienza anomala e imprevista per entrambi, avvicinai le mani ai tasti del pianoforte. Aspettavo la giusta espirazione di zia May per dare forma al suono. Quell’attimo prima dell’inizio è prezioso. La mente e il corpo si ricompongono in perfetta unità, nel momento in cui si attende l’intuizione giusta per un’apertura ritmica e armonica efficace. La memoria meccanica del movimento che le dita hanno fatto propria in anni di esercizio, l’ascolto delle proprio emozioni in quel momento pieno di anticipazione, l’acuta consapevolezza della complessità dell’altro, la curiosità che guida l’esplorazione sonora si presentano assieme al musicoterapeuta, senza barriere.
Fu in quel preciso momento che zia May ruppe il silenzio La devo ringraziare, signor Guglielmo. Mi deve ringraziare? pensai. Non ho ancora iniziato e mi ringrazia? Provai un’intensa sensazione di irritazione, come di fronte a qualcuno che rompe un tuo oggetto prezioso. Ascoltai la sua voce acuta e monotona che proseguiva a parlare La devo ringraziare per avermi invitato. Sa, non è facile trovare qualcuno che si prenda cura di te, oggi. Qui i vicini sono tutti delle malelingue, soprattutto quelli cresciuti nel paese. Quindi me escluso, pensai. Sa, io abito qui da sempre, ma i miei parenti e i miei amici sono tutti morti. Mi è rimasto solo Peter, che è così lontano. E poi il mio amico Mario.Non conosco nessun Mario, chi sarà? Le rispondevo con brevi assensi di gola e qualche si, lasciando che il fiume delle sue parole fuoriuscisse.
Mario ha la mia età. Prima di sposarmi io e lui uscimmo insieme qualche volta. Andavamo a ballare. Ci vogliamo bene da sempre. Ora siamo innamorati. Lui è in ospedale, non sta bene. Ogni settimana cerco di andarlo a trovare. Per me è sempre più faticoso, ma non posso lasciarlo solo.
Avevo sempre pensato che dopo una certa età le emozioni assumessero colori e intensità diverse. Zia May mi raccontava la sua vita con il bisogno di attenzione propria di un bambino. Vedevo nel movimento ritmico delle sue labbra, in quelle brevi apnee tra una frase e l’altra, nelle sue mani trattenute e chiuse a pugno, un desiderio incapace di esprimersi. Come se il corpo ormai stanco e spezzato di zia May non fosse in grado di manifestare quello che sentiva nel suo profondo. Anche la rabbia per i vicini, che scoprii dopo essere condivisa al rovescio dagli altri abitanti, mi sorprese per la sua forza. Voleva amare, odiare, desiderare, parlare come se avesse cinquant’anni di meno, ma non le era possibile. Sentivo la sua frustrazione. Non capivo che la vera ragione del nostro primo incontro non era la ricerca di un sollievo per il mal di schiena, ma per il suo mal di vivere. Sorpreso e impreparato, prima di condurla a un nuovo silenzio, riuscii a risponderle solo con finta partecipazione e risposte neutre e distaccate.
Il silenzio le costava fatica. Le parole erano una necessità.
Sono stata invitata a Roma da don Antonio. È un mio parente alla lontana. Va dal papa per diventare vescovo. Mi ha comprato anche i biglietti del viaggio. Ma non me la sento di andare. I dolori sono troppo forti. Sa, alla mia età è difficile alzarsi dal letto. Andare fino a Roma non me la sento proprio. Gli ho detto di recitare una benedizione per me e la mia povera schiena. Lo guarderò alla televisione.
È un peccato, le dissi a denti stretti. Mi era difficile ammetterlo, ma mentre parlava la mia irritazione continuava a salire. Mi servì concentrazione e distacco dalle mie emozioni per comprendere la vera necessità di zia May. Faticai a capire, concentrato com’ero sul compito che mi aspettava, ma tutto ciò che desiderava era parlare; non cercava sollievo per la schiena. Che sollievo può dare un pianoforte? Cercava un orecchio per le sue parole e le sue emozioni.
Dovetti intrufolarmi tra una breve pausa e l’altra per iniziare a suonare. A un certo punto, sentì necessario per entrambi iniziare il percorso sonoro. Parlare le avrebbe dato solo l’illusione del sollievo. Volevo sperimentare. Volevo spostare la sua attenzione dalla mente al corpo.
Suonavo, le dita si muovevano prima legate poi più fluide. Da quel momento, zia May tacque, immobile, in ascolto, senza mandare segnali evidenti che mi permettessero di comprendere come stesse vivendo quell’esperienza. Il respiro cambiò solo negli ultimi dieci minuti di improvvisazione. Si fece più regolare, lento e profondo. Il suo volto, gli occhi sempre aperti, non comunicava alcuna sensazione. Per tutto il tempo rimase come sospesa.
Terminai nel modo più rassicurante, riprendendo il ritmo del suo respiro, appoggiando lenti e prolungati arpeggi di tonica. Infilavo una nona e una quarta nell’armonia in modo da aumentare la sensazione di sospensione, prima di risolvere. Tornammo al silenzio.…Non so cosa dire, signor Guglielmo, in questo momento sto bene, non sento dolori. Zia May era ancora distesa sulla cassa armonica, i sei cuscini sotto alla testa, le braccia distese lungo il corpo.
Non pensavo di riuscire a stare così a lungo in questa posizione, disse mentre il volto le si distendeva in un lieve sorriso. Mi rasserenai. Le dissi che la verifica importante sarebbe stata alzarsi e camminare.
Le operazioni per la discesa furono lente e macchinose. Volevo evitarle strappi dolorosi, volevo che rimanesse il più a lungo possibile in quello stato di rilassamento profondo. La misi a sedere sul piano, i piedi appoggiati sulla scaletta. Scese, aggrappandosi a me come a un albero, un passo alla volta, il piede destro in avanti. In ogni momento, ripeteva Mah, non so cosa dire, mi sento meglio. Più che scettica appariva autenticamente sorpresa. Fece alcuni passi per lo studio, muovendosi con maggiore agilità e con una leggerezza che stentavo a riconoscerle.
Ci salutammo con poche parole. Anche la sua voglia di raccontare sembrava in parte risolta, in quel momento.
Ero sereno.
Ci rivedemmo diverse volte dopo quell’incontro, finché non arrivò l’inverno e la brutta stagione non rese difficile per lei venire a casa mia a piedi. Verificammo che il trattamento aveva un effetto della durata di tre giorni. In quei tre giorni il suo dolore era sensibilmente minore, riusciva a riposare serenamente la notte, a muoversi con più stabilità e leggerezza.
Non ci fu mai in lei l’attesa di un cambiamento duraturo. Né la ricerca di un miracolo impossibile. Quanto la certezza di una tregua, come una tregua alle sue ansie fu continuare a chiacchierare, tra un’improvvisazione e l’altra.

lunedì 29 settembre 2008

Musica, corpo, mente


Mente e corpo
Non è raro pensare a se stessi divisi in parti funzionali e simboliche.
Nelle mie numerose e disordinate letture sulla psicologia e sulla medicina tradizionale ho più volte constatato la facilità con la quale si conduce un processo di pensiero analitico e riduzionistico, ben rappresentato dalla metafora del microscopio, senza che ad esso segua un processo di pensiero sintetico. Il corpo e la mente sono innanzitutto reificati come entità separate, spesso in contrapposizione e, in secondo luogo, essi stessi vengono a loro volta spezzati, scomposti, ridotti a minimi elementi separati, in alcuni casi vagamente collegati.
William Gibson in un racconto di molti anni fa, a proposito di una rosa olografica, ricorda come ogni singolo frammento dell'ologramma spezzato riproduca l’immagine intera della rosa. E conclude sottolineando che siamo tutti parte l’uno dell’altro.
Se ciò è vero a livello intersoggettivo, a maggior ragione lo è a livello individuale. È utile infatti pensare alla mente come a un soggetto separato, con sue proprie caratteristiche funzionali, ma è inutile se a ciò non segue il processo inverso, che metta in relazione la mente con ciò che le permette di esistere e vivere, ovvero il corpo. E viceversa.

L’uovo e la gallina
Mi capita sempre più spesso, in percorsi terapeutici con l’uso della musica, di ragionare con i miei pazienti a proposito delle origini di alcuni disturbi fisici, alla ricerca di una causa chiara ed evidente. Si ricercano traumi fisici pregressi, caratteristiche innate, familiarità e disturbi progressivi. Con il mio aiuto, si cerca di metterli in relazione con il modo unico e personale di pensare, di vivere le emozioni e le relazioni, di trovare una congiunzione con le proprie convinzioni sul mondo e la vita, sulle proprie strategie regolarmente agite di fronte a situazione precodificate, di sofferenza, di attacco, di difesa, di amore. Ecco che improvvisamente, come nell’osservazione attenta della rosa olografica di cui sopra, si scopre che non esiste LA causa. Ci si sorprendere nel dare sempre meno peso a una teoria che giustifichi il nostro modo di essere in funzione dei nostri disturbi psicosomatici. Si comprende in modo più profondo del semplice capire, che quella causa, quel primo immobile, non ha importanza. Quando si raggiunge questa consapevolezza intima e innegabile può avere davvero inizio il processo di cura.

Questo processo è molto facile da comprendere nella pratica, ma richiede una forte disponibilità ad aprirsi all’ascolto autentico di se stessi e alla remissione di non poche difese. Richiede la disponibilità ad abbandonare, anche per poco tempo, e via via per periodi più lunghi, la propria armatura psico-fisica, in modo da lasciar spazio all’ascolto di sensazioni più immediate e meno stratificate, che parlino non alle nostre razionalizzazioni ma a una parte più intima e sensibile del nostro essere. La musica è uno degli strumenti più efficaci che conosca per favorire tale percorso di autentica riscoperta. Proverò a spiegare come accade raccontando un esempio recentemente avvenuto in terapia. È il racconto di un’esperienza semplice, banale quanto esemplare, a mio avviso.

Seduti comodamente
Da quasi sei mesi lavoro con Laura (un nome di fantasia) a un percorso di musicoterapia che l’aiuti a ridurre diversi dolori psicosomatici che affliggono in particolare la parte destra del suo corpo, dalla testa alle gambe, e che più volte in un anno si riunificano e si sfogano in fortissime emicranie con aura. Il disturbo è tanto tremendo quanto comune, purtroppo. Le emicranie con aura generano autentico terrore in chi le vive. Terrore quando si manifestano, a causa del dolore e della sensazione di perdere completamente il controllo sul corpo e sulla mente; terrore tra un episodio e l’altro per l’ansia che torni a manifestarsi. Senza entrare troppo nel dettaglio, dirò che con Laura si arriva piuttosto velocemente alla condivisione che sarebbe utile avviare un percorso di cura con l’uso della voce, per esplorare e trasformare il suo equilibrio psico-fisico, lavorando da un lato sull’immaginazione creativa dell’improvvisazione vocale, e dall’altro sul respiro e la gestalt emotivo-funzionale della sua persona. Sul potere trasformativo della voce, sulla sua efficacia come rappresentazione simbolica della nostra vita, mi riservo di tornare in un’altra occasione. Quello su cui vorrei soffermarmi in questa riflessione è un aspetto molto più semplice, come dicevo, e riguarda la scelta della posizione più comoda per cantare da seduti.
Sembrerà assurdo, ma se a più persone si chiede di mettersi seduti a terra in una posizione comoda, ci sorprenderemo per il numero decisamente alto di posture che esse assumono e, ancor di più, saremo colpiti dalla constatazione che tali posture, in definitiva, sono tutt’altro che comode. La schiena non trova pace perchè in continua tensione, le braccia si aggrappano alle gambe per cercare una qualche forma di equilibrio, si utilizzano diversi cuscini nei modi più originali, e così via.
In base alla mia esperienza esistono solo due posizioni a terra che permettano di stare realmente comodi e rilassati. La prima, sconsigliata a chi ha problemi alle ginocchia e che in ogni caso richiede un certo esercizio per abituarsi, è quella di stare seduti con il fondo schiena sulle proprie caviglie. In pratica, si appoggiano a terra ginocchia e parte inferiore delle gambe e ci si appoggia sopra il sedere. La seconda è quella tradizionalmente nota come posizione del loto o, un po’ meno impegnativa, del mezzo loto. Personalmente quest’ultima è quella che trovo più adatta e che consiglio sempre in terapia. Affinché la posizione del loto funzioni, il sedere deve poggiare in punta a un cuscino duro e alto, e la parte inferiore delle gambe, piegate, deve poggiare saldamente a terra.
Tornando a Laura, prima di iniziare a cantare, le chiedo quindi di mettersi seduta a terra in posizione comoda. Assume la sua posizione e noto che ha lo stomaco compresso, la schiena in tensione, le braccia a fare leva con le gambe incrociate, il collo come spezzato in due. Non solo, la verticale della sua schiena non è perpendicolare a terra, ma leggermente piegata verso la sua sinistra. Le chiedo più volte se trova la posizione comoda e rilassante. Ogni volta mi risponde di si.
A quel punto, senza insistere oltre, iniziamo a cantare.

Il canto sboccia
Se abbiamo l’illusione che la mente sia al comando, il corpo ci inganna
. Ci manda segnali contraddittori perchè non siamo capaci di ascoltarli. Per questa ragione Laura non capisce di trovarsi seduta in una posizione scomoda e faticosa. Per la stessa ragione, nella sua quotidianità, Laura fatica a comprendere che i dolori del suo corpo sono messaggi chiari e decisi che le chiedono un cambiamento complessivo.
Per favorire un avvicinamento a questa comprensione, chiedo a Laura di cantare con me iniziando da un unisono. Le chiedo di produrre un vocalizzo continuo della durata dell’espirazione che si ripete a ogni respiro, senza forzare, cercando di portare l’attenzione alla qualità del suono emesso. Dopo alcuni minuti, al suono di una campanella, potrà iniziare a muovere il suono, improvvisando liberamente, senza altre indicazioni se non quella di seguire il gusto per l’esplorazione e la piacevolezza dell’esperienza.
Come avrò modo di spiegare in un altra occasione in modo più approfondito, un percorso vocale come questo nasconde almeno due fasi significative al suo interno: la prima è quella dell’ascolto del respiro; la seconda è quella dell’ascolto del suono.
In un primo momento Laura canta pensando a come respira. Avverte la fatica, le tensioni addominali, il diaframma rigido, bloccato, una sensazione di leggerezza alla testa dovuta all’iperventilazione e, rivelazione, la consapevolezza di essere seduta in una posizione inadeguata. Il corpo inizia così a muoversi alla ricerca di una posizione più adatta. Questa fase, guidata principalmente dal controllo cosciente, può essere più o meno lunga e più o meno faticosa a seconda dell’esperienza della persona e del grado di tensione e di ansia che la caratterizza. In alcuni casi, l’intera esperienza vocale può cristallizzarsi qui e si rimane in questo stato fino alla conclusione del canto.
Nella maggior parte dei casi, il piacere del canto, la bellezza del suono, la capacità che ha la voce di unire corpo e mente, di guidare verso un’autentica esperienza musicale, conduce alla fase due: l’ascolto del suono.
Quando parlo di ascolto, raramente mi riferisco al solo ascolto attraverso le orecchie. Molto più spesso mi riferisco a un ascolto profondo. Quando il controllo razionale recede un poco, la ripetizione dell’atto di suonare viene assimilata e diventa più spontanea, ecco che a dominare è l’attenzione alla qualità della voce. A Laura accade proprio questo.
In particolare dopo il suono della campanella, la voce di Laura sboccia in suoni colorati e spontanei, meno sofferti, più espressivi e vivi. Il piacere dell’esperienza prende il sopravvento. Il gusto dell’esplorazione trova spazio e si concretizza. La ragione lascia parzialmente il controllo. Il corpo e la mente si armonizzano per dar vita, insieme, a un’esperienza emotivamente significativa.
Al termine dell’esperienza, è questa sensazione di piacere che rimane sulla pelle e tra gli occhi. Ed è proprio la sua consistenza che genera nel praticante la voglia di proseguire a cantare.

Sedersi nuovamente
L’esperienza del canto, con Laura, assume quindi molteplici significati, alcuni potenzialmente trasformativi, che potranno essere l’humus dal quale coltivare le successive esperienze di cura.
E la postura? E lo stare seduti comodamente?
L’incontro di musicoterapia termina senza che io ritorni sulla questione. In quel momento è più importante rimanere sull’esperienza vocale e le sue vibrazioni.
All’inizio della seduta successiva, faccio però a Laura la stessa richiesta delle precedente: siediti comodamente per terra, in modo che tu sia rilassata. Ed ecco che, sorprendentemente, Laura non vuole rimettersi nella posizione del precedente incontro. Non la trova più comoda o adeguata.
L’esperienza del canto, nell’avvicinamento non mediato di corpo e mente, ha generato un riconoscimento, un vero e proprio incontro, attraverso l'ascolto delle sensazioni del corpo, troppo spesso negato. Da qui si sviluppano due nuove consapevolezze di sé: che anche Laura, se guidata nel giusto modo, è in grado di sentirsi; che solo un ascolto intimo e profondo le permette di viversi nella fusione funzionale di corpo e mente. Quest’ultima rivelazione, che nasce da un pretesto banale come quello dello stare seduti comodamente, è la premessa essenziale per avviare un autentico percorso di cura e di trasformazione.

giovedì 25 settembre 2008

Improvvisazione musicale per ragazzi


Musica non-musica
L’adolescenza, come noto, è una fase di trasformazione profonda e delicata.
Cambiano i rapporti, le sensazioni e i desideri del proprio corpo, cambiano le relazioni con gli altri, si costituiscono nuovi e inediti sistemi di valori, nuove e inedite convinzioni sulla propria personalità, nuove e inedite aspettative rispetto al mondo.
In un processo così complesso, spesso conflittuale e traumatico, la musica è elemento onnipresente in tutte le situazioni di vita, con funzione di aggregazione e di identificazione (essere parte di…), ma spesso anche con funzione di isolamento e di separazione (la musica come bolla che mi racchiude e mi isola e distoglie da tutto il resto).
In ogni caso la musica c’è, e sempre più in relazione allo sviluppo tecnologico. È una musica “prodotto”, nucleo di comunicazione programmato e strumentalizzato, che trasferisce molto più di quello che sarebbe il suo motivo originario: è un simbolo condizionante che genera status, aderenza acritica, che ha molto più a che fare con l’immagine che col suono.
Difficile, in questi anni e in quegli anni, quelli dell’adolescenza, riuscire a percepire e vivere la musica come un’esperienza completa, viva e autenticamente “sonora”.
Anche per i ragazzi, e sono molti, che iniziano un percorso di apprendimento di uno strumento musicale, che spesso si sviluppa in esperienze di musica di gruppo, è difficile accogliere la sperimentazione musicale per quella che potrebbe essere, ovvero un’esperienza libera, creativa ed espressiva, appesantita com’è da un approccio spesso molto competitivo e idealizzato nelle sue finalità e nei suoi contenuti (banalmente, voler diventare famosi, voler essere amati e riconosciuti, voler ripercorrere le carriere fulminante dei propri idoli).

L’esperienza del suono
Attraverso percorsi strutturati di improvvisazione musicale di gruppo è possibile avvicinare i ragazzi a una nuova relazione di sé con l’esperienza viva del suono, che è la matrice energetica alla base del fare e vivere la musica.
In un approccio e in un setting adeguatamente pensato, che media in modo flessibile tra l’aspetto ludico, educativo e puramente espressivo del fare musica, utilizzando specifiche tecniche di dialogo sonoro, i ragazzi possono fare le prime esperienze di improvvisazione di gruppo affacciandosi via via a un vissuto inedito ma familiare.
È importante sottolineare che, alla base dei percorsi di improvvisazione, non c’è l’obiettivo di sviluppare specifiche tecniche musicali. Chi non ha mai utilizzato uno strumento musicale ha la possibilità di suonare in modo istintivo, guidato soltanto da alcuni consigli funzionali, strumenti a percussione di immediata comprensione e che offrono da subito un riscontro diretto di quello che si sta facendo. A dominare è il gusto dell’esplorazione, che viene costantemente sollecitata, e il rapporto diretto tra gesto, movimento e produzione sonora. Il ritmo è il primo elemento costitutivo che viene sviluppato e fatto proprio. Poiché il ritmo, primo tra tutti, ha radici profonde nella vita intrauterina e nella prima infanzia di ogni persona, si favorisce in questo modo una vera e propria riappropriazione di potenzialità e capacità già precedentemente sviluppate.
Una naturale conseguenza di questo incontro con il suono può essere la nascita del desiderio di imparare seriamente e serenamente a suonare uno strumento musicale. Un desiderio che non nasce da eredità familiari né da idealizzazioni narcisistiche, quanto piuttosto dal puro piacere dell’esperienza musicale sperimentata. Perchè l’incontro con il suono è innanzitutto incontro di gioia e di pienezza.
Per chi invece ha già avviato l’apprendimento della tecnica strumentale, che sia alle prime armi o che abbia alcuni anni di esperienza, l’improvvisazione musicale permette di riconsiderare e di ridefinire il proprio rapporto con lo strumento prediletto e di metterlo in relazione all’uso di altri strumenti, simili o lontani per caratteristiche. L’esperienza del suono diventa in questo modo incontro di timbri e di trame musicali nuove che, sempre all’insegna dell’esplorazione e della scoperta, permettono un comprensione più ampia del fare musica, rompono barriere e pregiudizi in merito a cosa è musica, a cosa è possibile e impossibile, a cosa è bello o brutto.

Un percorso di gruppo
L’improvvisazione musicale è prima di tutto un’esperienza di gruppo.
I ragazzi si ritrovano in cerchio a sviluppare una trama sonora comune fatta di molteplici stratificazioni che sono il contributo di ognuno alla musica. Ogni colpo prodotto, ogni movimento esplicito e implicito, ogni suono nasce dalle sollecitazioni incrociate di ogni persona. Si sviluppa un dialogo sonoro complesso, multiplo, che si esprime attraverso la voce delle emozioni che sottende ogni azione. È il mettersi in gioco di fronte all’altro, nel confronto con l’altro, che diviene eco e specchio reciproco. Si produce insieme qualcosa di inedito intorno a un obiettivo comune, che nella sua forma più semplice è “fare musica” ma che, nelle diverse esperienze, può strutturarsi in modi diversi. Il fare musica infatti può nascere dalla volontà di rappresentare musicalmente un’emozione condivisa, un dipinto o un’illustrazione; rielaborare un altro brano musicale; procedere in una staffetta sonora o in una confronto all’ultimo colpo; ricalcare movimenti e gesti messi in scena da qualcuno del gruppo; e così via.
Qualunque sia l’obiettivo specifico e mutevole, solo la collaborazione e il confronto permettono di dare forma a un’esperienza emotivamente significativa, bella nella qualità della manifestazione, importante nel flusso continuo delle esperienze di vita di una persona. In definitiva, è sul piano del confronto che possono nascere esperienze davvero trasformative, nel momento in cui danno voce a una parte inedita di sé, si traducono nella scoperta di sé, delle proprie potenzialità prima inascoltate o inesplorate.
In adolescenza, dove tutto è in discussione e tutto cambia, in primis gli equilibri relazionali tra persone di sesso diverso, ecco che l’incontro dell’improvvisazione diventa anche una via per esplorare modi diversi, meno schematici e precodificati, di rapportarsi all’altro sesso. L’energia che si muove e ne nasce, pur rimanendo fortemente ancorata ai bisogni sessuali primari così dominanti in questi anni, si incanala velocemente e con efficacia in forme espressive nuove, grazie alla capacità di mediazione e di trasformazione simbolica che ha la musica. Il corpo dell’altro sesso può essere avvicinato, osservato e toccato perchè strumento da percuotere, perchè movimento e danza, perchè forma espressiva viva che genera musica e sorpresa. Dalla diversità (di persona, di genere, di età, di capacità o predisposizioni musicali) nascono la complementarietà e la condivisione.

Vivo, creo, mi esprimo
I dubbi della vita, le convinzioni erronee su noi stessi nascono in questi anni.
Il senso del limite, dell’ammesso e del vietato, della libertà individuale si struttura in questa fase, quando si sviluppano le autonomie relazionali e psicologiche, quando la temporalità, l’aspettativa per il futuro, un primo progetto di vita inizia a prendere forma.
Troppo spesso il senso del limite è definito più che da un sistema valoriale, da paure, condizionamenti, identificazioni e pregiudizi. Il poter fare è ridotto al dover fare che è espressione di un dover essere poco consapevole.
L’insieme di tali condizionamenti sono la più forte spinta contraria alla libertà creativa ed espressiva. Attraverso un rapido e feroce meccanismo di interiorizzazione, i condizionamenti diventano strutture di personalità e stili di vita che il più delle volte portano sofferenza e frustrazione negli anni della vita adulta.
L’improvvisazione musicale diventa un luogo protetto ma pulsante di sperimentazione. Esprimersi in musica vuol dire innanzitutto concedersi la possibilità reale di rischiare, di aprirsi alla curiosità, di dare spazio all’inedito e all’inaudito, di scoprirsi. Le timidezze, le paure, vengono messe in discussione, messe al centro del cerchio che lega il gruppo, affrontate con serietà ma con ironia, e riconosciute come limiti da riconoscere e superare, come condizionamenti dai quali divincolarsi.
Gli obiettivi espressivi, i pre-testi dai quali prende forma il testo musicale, sono la meta che spinge i ragazzi ad andare oltre, ad andare un poco più in là, con l’aiuto e la fiducia degli altri.
Per chi guida tali esperienze di musicoterapia c’è un indicatore chiarissimo della direzione che si sta seguendo, una spia che dichiara senza possibilità di errore se si sta evolvendo verso una maggiore libertà espressiva o meno: è la sensazione di gioia e di divertimento dei partecipanti. Il livello di coinvolgimento emotivo è tanto più diretto, “pulito”, trasparente quanto maggiore è la capacità del gruppo di condividere e di mettersi in cammino insieme verso l’obiettivo. È questa partecipazione emotiva che favorisce la trasformazione del materiale sonoro e, in defintiva, delle persone coinvolte.

Improvvisazione musicale per ragazzi - scheda tecnica

Destinatari:
Ragazzi tra i 12 e i 20 anni. Musicisti e non musicisti

Obiettivi:
Sviluppare un rapporto creativo con il suono e la musica
Fare esperienze musicali di gruppo emotivamente significative
Favorire il confronto e l’incontro con l’altro
Esplorare i propri limiti e le proprie potenzialità espressive
Suonare strumenti musicali nuovi in un approccio intuitivo
Sviluppare consapevolezza rispetto al proprio corpo funzionale e simbolico

Metodologia:
Dialogo sonoro
Improvvisazione musicale e vocale
Tecniche di danzamovimentoterapia
Tecniche di arteterapia
Verbalizzazioni

Strumenti:
Una sala ampia priva di ingombri (almeno 7x7 metri)
Strumenti musicali di ogni genere, anche prodotti in casa con materiali di riciclo
Fogli e pennarelli
Un riproduttore musicale (lettore cd e mp3)

Durata:
Un ciclo di almeno 5 incontri di due ore ciascuno

Numero partecipanti:
Da un minimo di 6 a un massimo di 12 persone

Per un approfondimento sull'improvvisazione musicale per ragazzi vedere qui.

martedì 23 settembre 2008

Nuovo Spazio a Nova Milanese

Dal mese di ottobre avrò a disposizione un nuovo spazio per realizzare attività individuali di Musicoterapia e di Massaggio Sonoro al Pianoforte. La nuova Stanza dei Suoni, che sarà in realtà una stanza polivalente per diverse attività (arteterapia, shiatsu, ecc.), ha a disposizione uno splendido pianoforte a mezzacoda e si trova presso la sede della Cooperativa Il Canale a Nova Milanese in via Scuratti, 7.
Nova Milanese è in zona nord di Milano ed è facilmente raggiungibile.
Come sempre ricevo su appuntamento. Chiunque fosse interessato può telefonarmi o mandarmi una e-mail.

Attività 2008/2009 - Arci Lecco


Da questo mese prende inizio la mia collaborazione con l'Arci Provinciale di Lecco.
Domenica 21 settembre c'è stata la presentazione delle attività che, come potete vedere dalla locandina completa scaricabile in home, sono numerose, interessanti e con una particolare attenzione al benessere psicofisico della persona.

Le mie proposte sono tre:

- Un laboratorio di Improvvisazione Musicale di 12 incontri per ragazzi che hanno voglia di avvicinarsi per la prima volta alla musica o suonano già uno strumento e vogliono sperimentare un approccio alla musica creativo e di gruppo. Il numero minimo di iscritti è di 6 persone. Il costo è di 130 euro per tutto il laboratorio. Dovrebbe avere inizio entro metà ottobre e gli incontri si terranno tutti i venerdì dalle ore 15 alle ore 17.
- Un ciclo di 4 incontri di introduzione alla Musicoterapia nei quali parlerò di Paesaggio Sonoro, Voce, Improvvisazione e Dialogo Sonoro, Massaggio Sonoro al Pianoforte. Le date sono ancora da definire. Ogni incontro avrà una durata di 1 ora e mezza e si terrà nei fine settimana.
- Incontri individuali di musicoterapia nello Spazio Benessere, su prenotazione, tutti i venerdì mattina (9-13): musica per il rilassamento e il benessere psicofisico, per la riduzione dei sintomi psicosomatici, per lo sviluppo di una profonda consapevolezza individuale del suono, del respiro e della voce. Il costo di ogni seduta è di 35 euro.

Per iscrizioni, prenotazioni e informazioni telefonare al numero 0341/365580 oppure scrivere all'indirizzo e-mail corsi@arci.it.
La sede dell'Arci di Lecco è in via Cesare Cantù 18, Lecco.

Lezioni di pianoforte

Scopri che il pianoforte è uno strumento che ti incuriosisce o ti appassiona.
Vuoi imparare a suonarlo e:

- temi di non avere tempo di studiare tutta quella teoria musicale
- temi che lo studio della tecnica pianistica sia noiosa e morbosa

- hai voglia di capire la relazione profonda tra i tasti bianchi e neri e il suono che emettono

- hai voglia di sviluppare un approccio creativo e divertente allo strumento

- hai handicap fisici o funzionali che rendono difficile sviluppare una tecnica pianistica tradizionale

- vuoi inventare musica tua, tue composizioni e tue canzoni

- vuoi sviluppare un percorso di improvvisazione musicale

- vuoi sviluppare delle conoscenze di armonia utili e funzionali alla tua creatività

- sei un bambino e vuoi giocare con i suoni e con la musica

- hai mille altre aspettative o esigenze personali in merito al tuo rapporto col suono e la musica


Puoi contattarmi. Insieme possiamo sviluppare tutte le competenze necessarie a suonare il pianoforte coniugandele con le tue necessità di persona viva.
La didattica è cambiata. La musica parte dal suono e dall'esperienza del suono. Non nasce dalla carta e dalla teoria.
Con un percorso personalizzato ti aiuterò a imparare a suonare il pianoforte in modo creativo, divertente, espressivo.
Imparare uno strumento può essere un processo ricco ed entusiasmante, che richiede impegno e consapevolezza, ma soprattutto piacere e coinvolgimento.

Realizzo anche percorsi di esplorazione musicale per bambini, per capire l'eventuale interesse ad avviare il cammino di apprendimento del pianoforte.
Sviluppo inoltre modalità di insegnamento specifiche per portatori di handicap fisici e psichici.

Massaggio sonoro al pianoforte

Cos’è il massaggio sonoro al pianoforte:
Il Massaggio Sonoro viene realizzato stando distesi, in ascolto, sulla cassa armonica di un pianoforte a mezza coda. Non viene utilizzata alcuna tecnica tradizionale di massaggio e non c’è alcuna forma di contatto corporeo. Sono i suoni del pianoforte, ricchi di armoniche, a massaggiare direttamente il corpo.
Il percorso sonoro è ogni volta diverso in quanto basato sull’improvvisazione. I brani musicali sono quindi creati al momento (eventualmente accompagnati dalla voce o da altri strumenti di tipo etnico come il bastone della pioggia) e possiedono caratteristiche ritmiche, armoniche e melodiche adeguate alla persona. Si sperimenta una vera e propria immersione nelle vibrazioni sonore, e si avverte in poco tempo una sensazione di profondo rilassamento, di distensione e di allungamento muscolare.
L’improvvisazione ricalca e parte da caratteristiche specifiche della persona quali: tono emotivo e fisico, tensioni muscolari e viscerali, ritmo del battito cardiaco e respiratorio. Il percorso improvvisativo si sviluppa in modo da modificare lo stato iniziale della persona, favorendo innanzitutto il rilassamento muscolare e viscerale e la riduzione delle tensioni dovute alla propria “armatura” psico-fisica e al continuo lavorio mentale.

Dolorosi compagni di viaggio:
Mal di testa, mal di schiena, tensioni cervicali, sintomi da stress, ipertensione, tachicardia, cali improvvisi di pressione, insonnia, difficoltà nel rilassamento del tono muscolare, affaticamento… sono sintomi comuni a molte persone. Dovuti a ritmi di vita eccessivi, alla pressione delle responsabilità quotidiane (lavorative e familiari), all’impossibilità di trovare uno spazio proprio di ascolto e di rilassamento, essi vengono per lo più curati con medicine specifiche usate spesso in modo frequente e prolungato. Tendono a cronicizzarsi e diventano dei compagni di viaggio faticosi e invadenti.
Attraverso il Massaggio Sonoro al pianoforte, che sfrutta l’efficacia naturale del suono, è possibile agire in modo mirato ed efficace per ridurre e far sparire i sintomi.
Il Massaggio Sonoro può essere associato a un percorso musicoterapeutico strutturato, un percorso di cambiamento personale realizzato attraverso l'espressività, la creatività e la consapevolezza individuale.

Come agisce il massaggio sonoro:
1. Distensione corporea, muscolare e viscerale

Il suono è una forma di energia di tipo ondulatorio che si trasmette nello spazio. Ogni suono è caratterizzato da una composizione di armoniche e da una specifica lunghezza d’onda. Il corpo appoggiato direttamente alla cassa armonica del pianoforte entra in contatto con le vibrazioni prodotte dal pianoforte ed amplificate dal legno della cassa armonica. Attraverso un processo detto “per simpatia”, le parti del corpo (ossa, muscoli, viscere) della stessa lunghezza d’onda del suono prodotto, iniziano a convibrare. La vibrazione corporea è fisicamente percepibile come un leggero solletico. Secondo gli studi avviati negli anni ’50 dalla cantante M. L. Aucher nell’ambito della cosiddetta psicofonia, ogni suono prodotto (con la voce o con uno strumento) è in grado di colpire una vertebra e i gangli paravertebrali che le stanno ai lati, da cui si dipartono i nervi diretti ad uno o più organi interni. Perciò a seconda della gravità e dell’acutezza dei suoni prodotti, nel corpo vibra una specifica parte: le note contenute nell’ottava del pianoforte che va da do 2 a do 3 stimolano gli arti inferiori a partire dal tallone, quelle da do 3 a do 4 investono la zona del bacino sino al diaframma, da do 4 a do 5 interessano il torace, da do 5 a do 6 fanno risuonare la zona cervicale e cranica. Durante una seduta completa, il corpo è quindi letteralmente immerso nel suono ed è parte di esso. L’effetto immediatamente percepibile a livello fisico,è un rilassamento benefico di tutto il corpo, dalla testa (convibrazione delle ossa della scatola cranica e del tessuto cerebrale) ai piedi.

2. Riequilibrio delle qualità energetiche della persona
Gran parte delle tensioni che possono generare patologie fisiche è di origine psicosomatica. Lo stress, l’ansia e la paura si manifestano nel corpo attraverso tensioni muscolari, cisti, ernie, posture errate, apnee respiratorie, ecc. A queste tensioni sono normalmente associati sovraccarichi energetici. Il massaggio sonoro, attraverso il meccanismo di con-vibrazione sopra descritto, permette una naturale ri-distribuzione dell’energia in tutto l’organismo, riducendo efficacemente le localizzazioni psicosomatiche.

3. Rilassamento psichico
Come è stato dimostrato da diversi studi scientifici, la percezione e la produzione musicale interessano soprattutto l’emisfero destro del cervello, ovvero la parte meno razionale e più legata a un contenuto emotivo, istintuale e paralinguistico. L’ “immersione corporea” del massaggio sonoro produce quindi una stimolazione della parte meno razionale, riducendo la tensione psichica prodotta dal continuo lavorio mentale. Ciò facilita la distensione emotiva e amplifica le capacità sensoriali di tutto il corpo.

4. Improvvisazione musicale
Per ottenere un massaggio sonoro efficace il musicoterapeuta esegue un’improvvisazione adeguata alle caratteristiche individuali della persona. Ogni improvvisazione è quindi calibrata in base a: tono muscolare ed emotivo, ritmo respiratorio e cardiaco, eventuali dolori o tensioni localizzate, gusti ed educazione musicale individuale.

Durata della singola seduta
Ogni seduta di Massaggio Sonoro ha una durata complessiva di un'ora. L'improvvisazione si sviluppa in un arco temporale variabile a seconda di ogni persona, mediamente intorno ai 40, 45 minuti.

Frequenza
La frequenza delle sedute varia in funzione delle necessità e delle problematiche individuali. È possibile che, in fase iniziale, sia utile effettuare un ciclo di sedute bisettimanali, per poi ridursi nel tempo. È tuttavia possibile anche effettuare singole sedute in occasione di periodi
particolarmente stressanti al solo scopo di prendere una pausa energetica e rigenerante. Oppure intervenire in modo puntuale e localizzato in relazione a dolori specifici (infiammazioni lombari,
emicranie acute, ecc.)
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